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"Il primato della parola, la centralità del tempo e la nobiltà della politica" attraverso l'eredità della lingua latina. Ho letto tutto d'un fiato questo agile libro di Ivano Dionigi e l'ho apprezzato tantissimo. "La lezione del latino", come recita il sottotitolo, a mio avviso resta attuale e necessaria. Un'unica pecca: la brevità. Perché solamente 112 pagine dedicate ad un tema così interessante e vasto? Perché non estendere ad altri ambiti "la lezione del latino"? Consiglio l'acquisto a tutti gli amanti degli studi umanistici, ma soprattutto a tutti quei ragazzi ancora indecisi su quale scuola superiore scegliere per il loro avvenire.
Libro consigliatomi da una mia amica, per me che non ho studiato latino a scuola ma sono appassionata di cultura classica. Libro denso e ben fatto, scritto da persona colta, consigliato a tutti gli amanti del nostro passato come me
Quando un libro assume i tratti di un valore (e in quest'epoca una tale rivelazione è miracolo allo stato puro), non resta che caderci dentro con quell'amor di conoscenza che radica nello spirito i suoi parti più nobili. Contro un presente troppo vorace, dove pare che la tradizione e l'humus del sapere si siano persi nell'Ade dell'amnesia più fitta, ecco la deviazione più bella, il salto necessario, il fastoso recupero della verità di una lingua, sorgente e fuoco restituiti al loro giusto ambiente. Basta "coi feticci da omaggiare" scrive puntualmente Dionigi, qui si tratta di incarnare con pienezza assoluta "un valore da vivere". Basta con le scolastiche da svelta pedagogia, il comando che esplode è scendere nei tesori di una vera identità. Per non rischiare quello che inevitabilmente sarebbe "il divorzio delle parole dalle cose, dove entrambi perseguono una sciagurata autonomia", quindi un'anoressia del pensiero dove le poche boe a cui tenersi si allontanerebbero da sole come in un disgusto senza ravvedimenti. Una vicinanza e un bisogno urgenti come la fame. La meraviglia del latino, una galassia di precisione e di una tale splendida sintesi che i secoli hanno come alterato e dilatato coi loro barocchismi e le loro traduzioni capovolte. Un viaggio nella maternità della lingua, radice e germoglio, in compagnia di Seneca, Cicerone, tanti altri nomi enormi, in una Paideia magnifica che rende questo libro il ritorno del Vero nel suo seno autentico. Tutto giunge da quell'eco, una ricchezza inavvicinabile anche dalla macchina più perfetta. Non c'è partita. "La vera tragedia è che i padroni del linguaggio mandino in esilio i cittadini della parola", scrive l'autore, "in quello che ormai è diventato un vero e proprio autofagismo mediatico". Allora "Fluctuat nec mergitur", per resistere contro i marosi arcigni di un tempo flagellato. Perché: "in un mondo di fuggitivi, chi corre nella direzione opposta sembra che stia scappando" (Eliot). Dunque fuggite...minus habens.....
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