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scheda di Galeotti, A.E., L'Indice 1991, n. 7
Nella sterminata bibliografia su Max Weber si registra il ricorrente tentativo di assegnare il pensatore tedesco ora al campo del razionalismo ora a quello dell'irrazionalismo, generando una lettura forzosamente unilaterale della sua opera. Simona Andrini si propone in "La pratica della razionalità" di indicare un'alternativa a queste due interpretazioni rivali, che restituisca al pensiero weberiano la sua propria dimensione di confine: fra diverse discipline, fra diversi paradigmi, fra diverse epoche storiche e culturali, comunque contrassegnate dal politeismo dei valori. L'autrice esamina in questa chiave le parti dell'analisi sostantiva di Weber relative al diritto, al potere e al politico. Per quanto riguarda il diritto, il processo viene evidenziato come elemento logicamente originario, ponte fra il sistema sociale e il sistema giuridico, che si colloca fuori dell'alternativa razionalità-irrazionalità. Il processo tipizza infatti l'agire sociale generando così regole più casuali che non intrinsecamente razionali; d'altra parte è proprio su tali regole che si esercita l'opera interpretativa dei giuristi il cui scopo è proprio la razionalizzazione del processo spontaneamente generatosi. Analogamente, per quanto riguarda il potere, Andrini suggerisce un'attenta considerazione della città, formatasi in occidente alla fine del medioevo, come potere n‚ legittimo, n‚ illegittimo, ma che si autolegittima affermando il suo potere autonomo. Infine nella considerazione dell'etica del politico, l'autrice invita ad apprezzare la fluidità della posizione weberiana, non riducibile n‚ all'etica puramente deontologica, dell'intenzione, n‚ a quella puramente teleologica, della responsabilità, ma indirizzata all'assunzione responsabile dei principi.
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