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Una splendida, delicata ,e allo stesso tempo, spietata analisi della transizione italiana da ruralità a modernità (in molti casi, non sembra che il nostro Paese ci abbia guadagnato) attraverso la storia-così semplice da non sembrare neanche una storia- di due ragazzi al loro primo impiego in una grande azienda di Milano. Come in molti film di Olmi, quello che non viene detto con le parole-ma attraverso sguardi, silenzi, piccoli gesti-è la vera sostanza del film, che mette a confronto due modi opposti di guardare alla vita: l'innocenza e la mitezza di Domenico, e il suo concetto di posto fisso come punto di arrivo, e la spontaneità e sicurezza di Antonietta, che vede il suo primo impiego come un inizio e non si preclude un futuro diverso. Particolare non casuale, dalla finestra della stanza dell'impiegato che poi morirà lasciando libero il posto per Domenico, si vede la scritta illuminata di un locale notturno "La Speranza". Quella che muove tutto.
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