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Recensioni Il posto dell'uomo nel mondo. Ordine naturale, disordine umano

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“È necessario saper trarre dallo stato di disordine la spinta a instaurare nuovi e superiori equilibri.” La natura è madre benignissima, ma anche matrigna. Lo diceva già Leopardi. Ecco perché fin dall’inizio gli esseri umani si sono preoccupati di proteggersi da essa, sforzandosi di comprenderla per fronteggiare i problemi e le emergenze del proprio habitat. Questo allo scopo di rendere la propria esistenza sulla terra sempre più sicura. Pur non essendo il fine della natura, infatti, l’uomo è per natura capace di darsi fini e per questo non solo si è adattato all’ambiente, ma lo ha adattato a se stesso. Ha avuto così inizio un tragitto che, muovendo da esigenze di difesa, ha condotto l’uomo a estendere attraverso la tecnica il proprio dominio sul mondo circostante. Ma una sua incontrollata manipolazione della natura ha introdotto, a cominciare dall’età industriale, delle controfinalità: ripercussioni in parte impreviste – gli sconvolgimenti climatici e le catastrofi naturali sempre più frequenti, le conseguenti migrazioni, gli squilibri economici, fino alla recente pandemia – ma che mettono nuovamente a rischio l’esistenza della specie umana. A fronte dell’halt posto dalla natura è indispensabile trovare un nuovo equilibrio: più radicalmente, ridefinire il nostro posto nel mondo. Allo scopo occorre tornare a praticare le virtù degli antichi, perseguire l’ideale dalla mesòtes. Divenire e mantenersi soggetti, titolari delle nostre decisioni, non è un’opzione, ma è una necessità. Non è la natura che ha bisogno d’essere difesa – durerà ben oltre di noi –; in questione è, piuttosto, la nostra condotta morale, quel che facciamo perché la terra resti ancora una dimora abitabile per gli uomini. “È necessario saper trarre dallo stato di disordine la spinta a instaurare nuovi e superiori equilibri.” La natura è madre benignissima, ma anche matrigna. Lo diceva già Leopardi. Ecco perché fin dall’inizio gli esseri umani si sono preoccupati di proteggersi da essa, sforzandosi di comprenderla per fronteggiare i problemi e le emergenze del proprio habitat. Questo allo scopo di rendere la propria esistenza sulla terra sempre più sicura. Pur non essendo il fine della natura, infatti, l’uomo è per natura capace di darsi fini e per questo non solo si è adattato all’ambiente, ma lo ha adattato a se stesso. Ha avuto così inizio un tragitto che, muovendo da esigenze di difesa, ha condotto l’uomo a estendere attraverso la tecnica il proprio dominio sul mondo circostante. Ma una sua incontrollata manipolazione della natura ha introdotto, a cominciare dall’età industriale, delle controfinalità: ripercussioni in parte impreviste – gli sconvolgimenti climatici e le catastrofi naturali sempre più frequenti, le conseguenti migrazioni, gli squilibri economici, fino alla recente pandemia – ma che mettono nuovamente a rischio l’esistenza della specie umana. A fronte dell’halt posto dalla natura è indispensabile trovare un nuovo equilibrio: più radicalmente, ridefinire il nostro posto nel mondo. Allo scopo occorre tornare a praticare le virtù degli antichi, perseguire l’ideale dalla mesòtes. Divenire e mantenersi soggetti, titolari delle nostre decisioni, non è un’opzione, ma è una necessità. Non è la natura che ha bisogno d’essere difesa – durerà ben oltre di noi –; in questione è, piuttosto, la nostra condotta morale, quel che facciamo perché la terra resti ancora una dimora abitabile per gli uomini. )
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