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La qualifica di "europea" si spreca, e non solo per le politiche pubbliche. Quando si vuole nobilitare un obiettivo ambizioso si evoca, a sedare le acque, la qualità europea di quanto viene proposto. Marco Giuliani muove da un interrogativo cruciale. Dal momento che ormai è impossibile fare a meno del quadro normativo europeo o, comunque, ignorare una dinamica continentale, "come definire più nettamente la politica europea e i suoi confini?". E come organizzare un lavoro che renda concreto un approdo europeo? Il merito della sua ricerca parte di una serie, curata da Maurizio Ferrera, sulle politiche pubbliche è anzitutto quello di sottrarre il tema alle disquisizioni astratte. L'autore fa sua una proposizione molto chiara e condivisibile: "La politica europea non è qualcosa che si aggiunge dall'esterno alla politica domestica. È la stessa politica domestica che viene per effetto di essa a collocarsi in una dimensione profondamente nuova". Si tratta di una meta-policy, cioè di un modo di condurre le varie politiche, si potrebbe perfino dire di uno stile. Per ottenere risultati convincenti occorre un retroterra organizzativo che aiuti sbocchi coerenti. Sicché sarà importante esaminare a questo riguardo l'evoluzione dell'esecutivo, ad esempio, e l'azione svolta dalla stessa rappresentanza italiana permanente a Bruxelles. La ricerca offre di che meditare. E mette in dubbio il carattere miracoloso di espedienti che sono sembrati troppo risolutivi. Uno di questi è la legge comunitaria, che, aggruppando in un solo dispositivo un gran numero di testi da recepire, esonera dal prenderne partitamente consapevolezza. Sicché, malgrado le migliori intenzioni, "ribadisce l'impressione di una qualche separatezza fra policy-making domestico e rispetto degli obblighi comunitari", come si afferma con educata e impeccabile formula.
Roberto Barzanti
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