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Il testo di Filippo Pergola affronta con lucidità e originalità le problematiche sociali attuali, servendosi degli strumenti teorici e clinici messi a disposizione dalla psicologia dinamica e dalla filosofia classica e moderna. Le riflessioni dell’autore abbracciano la vasta gamma di processi emozionali che al giorno d’oggi sembrano sostenere e alimentare un circuito vizioso, riscontrabile dall’aumento delle diseguaglianze, della marginalizzazione sociale e dell’incapacità dell’intero consorzio umano di dare significato agli accadimenti sempre più complessi che caratterizzano la civiltà odierna. L’autore attribuisce alla scuola, e più in generale alla funzione pedagogica, la responsabilità etica e scientifica di porre rimedio a tale situazione, attraverso l'educazione a nuove regole della casa comune, per configurare un rapporto nuovo con ecologia e economia e attuare così una vera e propria clinica del sociale.
Un testo davvero utile per comprendere la struttura complessa dell'esistenza umana: quello che c'è sotto i movimenti, le emozioni, i pensieri, gli affetti delle persone che molte volte vanno a leggere le situazioni socio politiche in un certo modo anziché in un altro, trattando temi d'ecologia, economia, sociologia, psicologia con un approccio multidimensionale.
Il lavoro dell’Autore non può essere considerato lettura utile da parte di chi studia la materia, ancor più se si condividono i valori in esso rappresentati: è la chiamata di tutti a un nuovo impegno sociale. SI evidenzia come la relazione sia il primo elemento di cui aver cura. Sembrerebbe normale e scontata tale affermazione se non fosse che la relazione debba essere vista in una dimensione nuova e più allargata, se non totalitaria, perché essa abbraccia tutto ciò che ci avvolge: sia materiale che immateriale, visibile o meno, vicino o lontano. La comunicazione di massa oggi riporta più frequentemente le gravi conseguenze del nostro scellerato comportamento sul nostro pianeta, e per gli inusuali e gravi eventi climatici che avvengono anche alle nostre latitudini, ma ancor più la frequenza delle brutalità di certi comportamenti umani in tutti i campi. Il degrado dell’uomo, che nella creazione di rapporti ha visto l’evoluzione della specie e la conquista di molti obiettivi, è oggi agli occhi di tutti. Ognuno pensa di essere un mondo a sé, autonomo e senza necessità dell’Altro. La paura del confrontarsi e di mettersi a nudo prevale sulla spontaneità e sulla possibilità di crescita della e dalla relazione. Ma sarebbe inutile o quantomeno ripetitivo analizzare il fenomeno circoscrivendolo all'individualità. L’Autore ci consente di riflettere di porre la nostra attenzione sull'Intero. E cioè che la nostra lente di attenzione va estesa nella globalità in cui siamo inseriti, nell'alveo micro e macro e su di esso lavorare per un cambiamento, la cura cioè deve essere portata anche nella Polis. Perché è nella crescita del “capitale semiotico” che si evolve l’uomo e la società nel quale lo stesso vive.
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