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Anno edizione: 2023
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Punteggiata di ironia, questa breve storia di amore e differenze coinvolge la poesia, la musica, il linguaggio, il trasporto – quello dei sentimenti e quello indotto da Chopin – e la sua traduzione in parole, e offre un inconsueto ribaltamento del punto di vista, dando voce al «provvido scetticismo» di una moderna Beatrice.
J. M. Coetzee, con Il Polacco, ci consegna una storia breve ma potente che in sole 128 pagine sonda l’animo complesso di un uomo toccandone le corde più profonde, che vibrano al ritmo del suo pianoforte e dell’amore per una donna tanto bella quanto lontana. - Corinne D'Aloe
«Un libro tagliente, bruciante che si gioca sulla dicotomia tra aridità e ardore.» - Paolo Di Paolo
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Il lascito postumo di una relazione asimmetrica offre lo spunto per una riflessione sullo scorrere del tempo e sulla sua percezione. È un inno alla vita nel limite ed oltre il limite, quello del corpo, dello spazio, del tempo, di quello già vissuto come di quello ancora da vivere. In questo libro i personaggi bruciano per assuefazione o per passione. Il confine tra realtà e percezione non è mai ben delineato. Più di tutto, i personaggi chiedono alla musica, all'arte, alla poesia di renderli migliori, di eternarli. "Bruciare le poesie sarebbe un atto di barbarie, un preludio al rogo delle persone?" Un preludio al rogo di ciò che rende umani? Per provare a rispondere al quesito, l' autore richiama a sé il mito di Orfeo ed Euridice, la bellezza dell' Afrodite sottomarina e quella della Beatrice dantesca, perché ciascuno di noi si senta meritevole d'amore, custode e parte di un tutto che fluisce. Per scoprire di più leggete "Il polacco" di J. M. Coetzee.
Ho letto una recensione di E. Rasy che, a proposito di questo libro, scrive (cito a memoria): "cento pagine di pura maestria romanzesca". Che Coetzee sia un maestro non vi è dubbio (alcune delle sue opere più risalenti mi hanno davvero impressionato: molto meno le ultime); però bisogna intendersi di quale genere di romanzo stiamo parlando. Romanzo "ingenuo" o romanzo "sentimentale", riprendendo la distinzione del vecchio Schiller splendidamente aggiornata da Pamuk qualche anno fa? O, per dirla in maniera forse sguaiata: romanzo "di testa" o "di pancia"? Certo appartiene alla prima categoria, e in quella eccelle, però rinunciando a qualsiasi forma di empatia con il lettore, che (e non credo sia capitato solo a me) si sente come tenuto a distanza dall'algida bravura dell'autore, il quale manovra i suoi personaggi come ombre prive di sostanza per mettere in scena l'ennesima rappresentazione dell'incomunicabilità e/o dell'incomprensibilità umana, mentre io credo che la magia della grande letteratura sta nel presentare uomini e donne mai esistiti che però paiono più veri delle persone in carne e ossa che ci circondano. Che dire, infine? Se siete lettori "di testa" , "Il polacco" fa certamente per voi, altrimenti meglio dedicarsi ad altro. D'altra parte, il lettore è come un gatto che trova l'erba più adatta a lui d'istinto, semplicemente annusando un prato.
Nulla di tutto ciò che abbia mai sentito dire a Mario Vargas Llosa mi trova più d'accordo di questa sua frase su Coetzee: «È uno dei migliori romanzieri viventi, e non dico il migliore perché per fare un'affermazione simile bisognerebbe averli letti tutti. Però, tra quelli che conosco, pochi hanno la sua maestria e la sua sottigliezza nel raccontare storie». Quest'opera non fa eccezione. Lo stile essenziale e a tratti spigoloso di Coetzee si colloca in un universo letterario fuori dal tempo, come lo sono, a tratti, i due protagonisti di questo romanzo. Lei, Beatriz, è una donna spagnola sposata e con figli che s'interessa di musica: il circolo di cui fa parte organizza concerti nel quartiere gotico di Barcellona. Lui è un pianista settantenne noto per le sue interpretazioni severe e impeccabili di Chopin; ha un cognome così pieno di "w" e di "z" che al circolo tutti lo chiamano semplicemente «il Polacco». Un unico incontro basterà a convincere il musicista di aver trovato in Beatriz una musa ispiratrice, la Beatrice che attendeva da sempre. Sarà però nel non detto – nel 𝘯𝘰𝘯 𝘵𝘳𝘢𝘥𝘶𝘤𝘪𝘣𝘪𝘭𝘦 – che il mistero dell'amore rivelerà loro la sua dimensione più profonda, tra le resistenze di lei e l'incertezza legata al dover comunicare in inglese, lingua straniera per entrambi. Tra i romanzi del Nobel sudafricano, il più vicino a questo lavoro è forse 𝘋𝘪𝘢𝘳𝘪𝘰 𝘥𝘪 𝘶𝘯 𝘢𝘯𝘯𝘰 𝘥𝘪𝘧𝘧𝘪𝘤𝘪𝘭𝘦: anch'esso tradotto da Maria Baiocchi, lasciava intravedere tutta l'ambiguità dei sentimenti umani tra le righe dei saggi di un anziano scrittore. Molto vi è anche dell'esplorazione dell'animo femminile che ha reso indimenticabile 𝘌𝘭𝘪𝘻𝘢𝘣𝘦𝘵𝘩 𝘊𝘰𝘴𝘵𝘦𝘭𝘭𝘰. Certamente non manca la consapevolezza del fatto che nessuno arriverà mai a conoscere 𝘥𝘢𝘷𝘷𝘦𝘳𝘰 gli altri.
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