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Anno edizione: 2019
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“Così parlò Zarathustra” (1883-1885) contiene molte poesie, riprese più volte prima e dopo la sua composizione: è però esso stesso un poema sinfonico, puntellato da liriche con metrica regolare, e sostenuto nella sua interezza da toni declamatori, oracolari. Particolarmente rappresentativa delle tematiche nietzschiane è senz’altro la complessa “Il canto della melanconia”, severo e compiaciuto autoritratto del filosofo: “Il pretendente della verità? Tu? – così ti beffavano – / No! Solo un poeta! / Una bestia, furba, rapace, strisciante, / che deve mentire, / che deve mentire con scienza e volontà: avido di preda, / mascherato con mille colori, / a se stesso maschera, / a se stesso preda – / questo – il pretendente della verità? / No! Solo giullare! Solo poeta!”. Con sembianze di aquila e pantera, “predatore, strisciante, mentitore”, “bandito / da ogni verità”, Nietzsche offre di sé un’immagine di commediante e falsario, di mago che giostra con concetti e figure, maschera capace di creare solamente illusioni, esiliato dal mondo civile, come poeta e come filosofo. Susanna Mati nella sua intensa postfazione afferma che le poesie di Friedrich Nietzsche, prive di reale validità artistica benché dotate di notevole arguzia, vanno collocate nel “territorio dell’affetto e dell’effetto”, essendo soprattutto sintomatiche dei moventi psicologici e teorici del filosofo. Svolgono tuttavia molteplici funzioni: di rilassamento della tensione intellettuale, di satira-parodia-imitazione, di caratterizzazione del personaggio Zarathustra, di sfogo emotivo. Lo stesso Nietzsche considerava la poesia arte menzognera e fraudolenta, attribuendole il compito secondario di distrarre, consolare, edificare, senza alcuna pretesa di profezia o rivelazione. I suoi versi vanno quindi letti a integrazione contingente e occasionale da affiancare alla ricerca delle verità ultime.
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