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Che necessità può avere una donna di 36 anni di ricordare e cosa poi far emergere dalla memoria? Non ce ne accorgiamo, perché è un processo inconscio il ricordo, che spesso sovviene senza che noi andiamo a cercarlo; eppure ha una funzione vitale, perché è un processo cognitivo, oltre a costituire la testimonianza del vissuto. Noi siamo quello che siamo per quanto abbiamo fatto, per le emozioni e le sensazioni che abbiamo provato, ma non è sufficiente a spiegare la funzione del ricordo, che costituisce l’occasione per una riflessione.E’ quello che ha fatto Anna Amadori con questa silloge che parla dell’amore, della vita e della morte. L’amore è passione, ma anche tormento, è quasi inconsapevole attrazione che comporta gioie e dolori, patimenti ed estasi, non un accessorio, ma un elemento indispensabile, che si accetta più che cercare, che si manifesta senza che ce ne rendiamo conto, ed ecco che allora le emozioni scaturiscono, anzi esplodono Ma l’amore non è solo quello fra un uomo e una donna, è anche qualcosa di più elevato e volto all’Assoluto (La vita è occasione di meditazioni più intime, sul perché e sul per come siamo, campo in cui non pochi si sono cimentati, traendo, per fortuna, conclusioni non assolute. Qui, per quanto la stesura del verso possa sembrare impersonale, c’è una partecipazione di grande intensità del poeta, che finisce con il divenire giudice di se stesso (da Uomo – Vanesio il tuo cammino, / stridente il tuo eco, / affannosa la tua esistenza. / …). E’ un ritratto impietoso, frutto di quella consapevolezza, che la riflessione sulla natura umana, il ricordo, spesso vago, indeterminato, ha stimolato. Non c’è vita, però, senza la morte e a questa l’autrice dedica una delle poesie migliori di questa silloge (La fine).Silloge di gradevole lettura, in quanto non difficilmente comprensibile, si fa notare per la poliedricità dei temi con cui la poetessa ha saputo tradurre in versi, con eccellenti risultati, concetti non consueti ed esposti con originalità. La lettura è senz’altro consigliata.
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