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La notte, il silenzio, questi mulini che lavorano affanni nel pathos del sentire, una scura laguna dove pian piano scivola il mancato, la speranza offesa, le tristi febbri della stirpe. Al cospetto di un'anima tragica e di versi che fanno tremare le ossa, dove l'alito della vita sembra come scaturito dal fittissimo nero di sorgenti decise, da un vento di incubo e follia che cala sulle stirpi come a incidere nell'umano la cicatrice di lunghi Inverni: "Respiro dell'immoto. Sembiante d'animale/ stupefatto d'azzurro, della sua sacralità./ Potente è il silenzio nella pietra;/ maschera di uccello notturno, triade soave/ si spegne in unisono. Elai! Il tuo volto/ si china muto su acque cilestrine./ Oh quieti specchi della verità./ All'eburnea tempia del solitario/ sale il riflesso di angeli caduti". Chi interroga il silenzio, questa landa di alfabeti sofferti e gesti disuniti dove la comprensione resta ormai soltanto "nella fronte spezzata della notte". Si legge nell'introduzione della Porena che "la notte per Trackl è il silenzio sull'utopia". Dunque un vagare nel buffo e tragico gioco della bellezza infranta, di seti e rincorse appena appagate e subito precipitate nei gorghi dell'ineffabile, nodo di lacrime scure e visioni mortali stretto attorno alla voce; Trackl chiama tutto questo "rintocchi d'inganno". Meravigliosi i due ricordi di Novalis e Kraus, il primo definito "fiore azzurro nella casa notturna dei dolori". Ma è nei versi dedicati al secondo che respira quella fame di gioia, di conoscenza e ammirazione per la vita, l'intelligenza, che poi le sue poesie fanno arretrare in un'anima lacerata: "Bianco ministro di verità,/ voce cristallina, dimora al gelido fiato di Dio,/ mago adirato/ sotto il cui manto di fiamma stride l'azzurra corazza del guerriero". Grandissimo poeta, uomo del tormento e della solitudine, del tragico di dentro affrontato in un corpo a corpo fra la mente e l'assoluto, fino al gesto definitivo. "Fratello, arranchiamo, cieche lancette...".
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