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Il saggio di Antonio Malerba può apparire una lettura per pochi, dal sapore quasi iniziatico, e forse è davvero così, nel senso che, in assenza di uno specifico retroterra filosofico, può rivelarsi arduo cogliere appieno la portata di certe argomentazioni.
Ascoltare non è leggere. Ma questo non vale, forse, per la musica e la poesia. L'accostamento delle canzoni di Vasco Rossi con l'Opera di Nietzsche sembra, a prima vista, difficile da accettare, se non blasfemo per gli studiosi del filosofo che ha segnato il ventesimo secolo e continua a influenzare la cultura contemporanea. Eppure, Antonio Malerba, nel suo La Poesia di Vasco Rossi. Una interpretazione (Zona, Arezzo 2012, e. 10) sa coniugare gli aspetti della musica e dei testi della rockstar, che vanno dritti al cuore, e che raccontano la quotidianità della vita degli uomini comuni, come tutti noi siamo, con gli aforismi profondissimi, e per questo di difficile comprensione, e il "pensiero abissale" nietzscheano che stordisce la mente. Per queste ragioni, non deve stupire la struttura analogica del libro. Divenire, crisi dell'individuo in quanto soggetto e della società in quanto civiltà, debacle della razionalità che vuole incasellare l'uomo e il suo agire, ma anche la sua messa al bando proprio in quanto non funziona più se non imprigionando e distruggendo l'umanità dell'uomo e la naturalità della natura; e dall'altra parte la rivalutazione del corpo e della corporeità, di una vita che deve essere vissuta con gli occhi e con le mani e ascoltata come una melodia, aspra, amara, ma anche dolce e irripetibile; ecco, tutte queste immagini, questi concetti, questa musica riassumono nelle canzoni di Vasco Rossi il dionisiaco di contro all'apollineo, o forse le due facce di una stessa Vita. Se questa poi sia poesia, lasciamo al lettore deciderlo. Il libro è agile e piacevole e Malerba dimostra di saperlo guidare con intelligenza.
Attraverso brevi intensi capitoli, Malerba sviluppa un parallelo e un confronto fra la Weltanschauung del cantante di Zocca e la rivoluzione filosofica del pensatore tedesco, probabilmente il più poeta fra i filosofi e, per questo, così affine al "poeta"-Vasco. La lettura, gradevole, rapida, essenziale ma incisiva, permette di entrare nella visione della vita del cantante, a partire dall'unica certezza che abbiamo: la totale mancanza di certezze, il dominio del caso nella vita quotidiana e l'incessante divenire ciclico e contingente delle cose e del tempo che incessantemente ritorna. In questo mondo in continua, perpetua trasformazione, la conoscenza di sé è una mera illusione e il nostro io, con la sua azione libera, si scontra con le dinamiche opposte, la forza degli istinti e delle pulsioni che non riescono a essere conciliate in equilibrio con le scelte razionali e libere. In maniera estremamente laica, Vasco riprende la nietzscheana rivalutazione del corpo e delle sue esigenze, mostrando la forza dei sensi (e dei sentimenti) che mettono in crisi la ragione e ogni tentativo di controllare le proprie sensazioni. La visione che Malerba mostra di Vasco - in un lavoro di continuo e costante confronto con i testi di Nietzsche, accomunati dal comune uso di un linguaggio aforistico - è quella della consapevolezza contemporanea dell'assenza di senso e di logica di ogni realtà, una visione relativistica e finita che impone, con esistenziale ironia, di dare un senso a questa vita "anche se questa vita un senso non ce l'ha". E il senso a questo mondo che è caduto nel nichilismo e che è andato "al di là del bene e del male" si trova soprattutto nell'arte e nel linguaggio poetico che consolano, comunicano anche ciò che non si riesce a esprimere con la ragione, mettono in contatto le persone che possono condividere «i nostri vissuti, i nostri disagi, le nostre ansie, frustrazioni e debolezze, e così le singolarità e diversità cedono ad un sentimento di unità e comunione» p64
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