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Il libro di Giulia A. Disanto affronta in modo del tutto innovativo la questione della “poesia di guerra”, categoria tradizionale da cui l’autrice prende le distanze per sviscerare la sfaccettata questione della conflittualità nel Novecento europeo. Ciò che questo libro sottolinea mirabilmente è che, parlando di poesia e di guerra, non si parla solo di “responsabilità”, ma anche di un contributo concreto della creazione poetica alla composizione del complesso panorama storico-sociale. Una scrittura scorrevole e affascinante che conduce fra i versi di Apollinaire, Ungaretti, Trakl, Celan ed altri, e che mostra sotto una nuova luce quegli scenari novecenteschi che molto dicono anche sul ruolo del conflitto nel secolo che è da poco cominciato. Un libro di notevole spessore, ma anche di piacevole approccio, che apre al lettore nuovi sguardi critici sul mondo di ieri e di oggi e lo fa con dei versi che il lettore continuerà a portare con sé.
Recensioni
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In una prospettiva comparatistica, che mira a conciliare l'analisi puntuale dei testi con più ampi dibattiti teorici, intessendo abilmente riflessione critica, notazioni storico-biografiche e indagine formale, il volume si interroga sul complesso rapporto tra poesia e guerra, intese non già in un'univoca relazione di mimesis, bensì accolte in una più ampia concezione di stampo semiotico, che riconosce all'espressione poetica quel "di più" creativo rispetto alla realtà storica. Il saggio solleva problemi centrali quali l'antinomico rapporto tra ricordo individuale e memoria storica; l'interazione tra evento bellico e linguaggio; la dialettica tra voce e silenzio conseguente all'incapacità di tradurre in poesia una realtà che supera, in orrore, qualunque immaginazione; la domanda pressante, ancorché insolubile sul piano teorico, sul valore che la creazione può assumere in età di barbarie e distruzione. La forma del discorso, tuttavia, si mantiene lontana dalla dimostrazione deduttiva incentrata su una tesi dominante, preferendo scivolare da un tema all'altro secondo l'andamento discontinuo del trattato e aggredendo le problematiche su più fronti, in una prospettiva che permane interrogante. Al centro dell'analisi sono i componimenti, pressappoco contemporanei alla prima guerra mondiale, di Apollinaire, Ungaretti, Trakl, e quelli, anche di molto successivi al secondo conflitto mondiale, ma a esso ancorati, di Paul Celan. Ravvisando nel superamento del dato autobiografico il principale nesso tra queste esperienze poetiche, il libro pone a confronto i modi e gli intenti, assai diversificati, della sua attuazione, dalla trasfigurazione fantastica di Apollinaire, alla riflessione esistenziale di Ungaretti, alla personalissima trascrizione di Trakl, fino all'utopica concezione della poesia come "svolta del respiro" (Atemwende) elaborata da Paul Celan.
Giuliano Zeppegno
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