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Tragicomico, grottesco, paradossale: categorie inevitabili, quando si va alla scoperta di Karen Duve (scrittrice "nata ad Amburgo nel 1961" che "vive in campagna con un bulldog, due polli e un mulo", dalla quarta di copertina) e dei suoi racconti, usciti in Germania ben undici anni fa e ora disponibili in italiano grazie alla traduzione di Simone Buttazzi, che nella sua nota a fondo libro definisce l'autrice "cane sciolto nell'ambito della letteratura tedesca contemporanea". Quegli stessi cani da lei molto amati, sia nella vita reale che nelle sue storie, come il "grosso collie tremante" dalle "gengive color lombrico" e dal "fiato fetido" che bussa alla porta in una sera di pioggia e viene fatto accomodare in salotto, intrattiene una conversazione con la protagonista e resta a consolarla quando l'amico la abbandona brutalmente (Un cane alla porta). In effetti sono tante, in questi racconti fulminanti e stralunati, le incursioni nel mondo animale (maschi del genere umano in primo luogo), catalogate nella nota del traduttore tra le "magnifiche ossessioni" di Duve insieme ad "Amburgo e dintorni, gli anni Ottanta, l'attrazione-repulsione per la burocrazia", tutti temi ricorrenti nella raccolta, insieme a rapporti familiari più che disastrati. Il racconto di apertura, Un rifugio tranquillo sotto una coltre di neve, il più lungo dei nove, è un innesto di memorie di infanzia, di adolescenza e di presente, inclusa la rieducazione alla vita dopo la morte della madre e un incendio che le distrugge la casa, di una giovane donna lavorativamente precaria, affettivamente disadattata e mentalmente dissociata; seducente la presenza di una piovra fra le gambe di una vecchia signora, risucchiante archetipo materno che viene però infilzato a morte dalla protagonista, la quale, dopo aver sconfitto tutte le sue madri, trova, rinchiudendosi in una casa sepolta dalla neve, "una pancia di balena", "calda e comoda" che le permette di occultarsi al mondo. Tra spogliarellisti maschi ed esperimenti di prostituzione, stordimenti da psicofarmaci e allucinanti esperienze come telefonista di un giornale e all'ufficio delle imposte, si susseguono schegge di vita di ragazze/donne che sono naturalmente sempre la stessa, colei che non ha "la più pallida idea" di come ha fatto a diplomarsi, e che finisce a fare l'autostop nel deserto americano, ben sapendo che "i problemi con i camionisti cominciano quando fa buio".
Giuliana Olivero
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