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Le Mille e una notte iniziarono alla lettura Canetti, Stendhal, Poust e tanti altri; gli adolescenti del bel film di Malle Arrivederci ragazzi in un collegio di preti lo leggevano come primo testo di educazione sessuale con la pila sotto le coperte. La bellissima Shahrazad, che ogni notte racconta una storia dopo l'altra, lasciando l'ultima incompiuta all'alba e il re in trepida attesa del seguito, è diventata il simbolo della narrazione infinita, della magia e passione della lettura, della forza salvifica delle storie. Le fiabe sono vere, diceva Calvino; le storie salvano la vita, racconta Sharahzad. Esterl ce ne offre una raffinata e preziosa, ancorché molto ridotta, selezione. Dopo l'antefatto-cornice, seguono tre fiabe, la più famosa delle quali è senza dubbio Alì babà e i quaranta ladroni, che, malgrado il protagonista maschile, risulta un inno alla meravigliosa capacità delle donne in questo caso una bella schiava che poi sarà liberata e sposerà il nipote di Alì Babà di sbrogliare i problemi più difficili. Invece, a conferma della varietà e complessità delle successive stratificazioni fiabistiche e culturali che si sono accumulate sul corpo dell'opera, Il bue e l'asino mostra una spiccata vena misogina, con il marito che frusta la moglie per punirla della sua curiosità. Forse il lettore resterà deluso dell'assenza di alcuni fra i racconti più cari, come quelli di Aladino e di Simbad. In compenso si beerà dell'immagine di un Oriente mitico e fantastico dipinto da Dugina, che ha fissato personaggi, animali e paesaggi incantati dove realtà e fantasia si combinano a un altissimo livello artistico capace di affascinare grandi e piccoli. "Come finì la storia di Shahrazad?" si chiede il lettore. Il re sposerà la bella narratrice, "amatissima moglie, intelligente e virtuosa", che gli darà tre figli.
Fernando Rotondo
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