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Ho trovato questo libro molto interessante per capire gli anni del terrorismo. E' intriso di una sofferenza a volte celata e a volte esplicita di chi sa cosa significhi aver vissuto negli anni di piombo. Ma sapere non è abbastanza. Bisogna avere il coraggio di parlarne. "La pistola sotto il banco" è testimonianza dell'importanza di non nascondere l'indignazione. Indignazione che non sconfina per questo in rassegnazione. Indignazione che vuole solo squarciare un velo, essere speranza. Per un mondo nuovo. Un mondo senza guerre e senza terrorismo. Certo, non è una lettura facile, "comoda", da fare prima di andare a dormire. Richiede di esporsi, di provare a dare un giudizio. E' una sfida. E come tutte le sfide si è liberi di accettarla o meno, ma senza per questo sminuirne il valore. Consiglio questo libro a chi è interessato, al di là dell' opinione politica, a mettersi in gioco su temi che non sono poi così lontani dalla nostra vita di tutti i giorni.
La memoria è un esercizio scomodo e doloroso perché riporta a galla verità. La visione degli anni di piombo in questo libro è inedita. Una studentessa qualsiasi non schierata, ma educata ai valori della non violenza, che descrive ciò che vede e quello che vive. Si diventa "antipatici" quando con coraggio e determinazione e linguaggio chiaro non si fanno sconti, ma si parla "aprendo un armadio". L'armadio che gli exterroristi non vorrebbero mai aprire desiderando l'oblio. Obblio che non permette quel confronto così utile per capire le ragioni, per conoscere. Conoscere serve a noi, alla storia, per non rifare gli stessi errori. Il libro va letto. chiara
Non consiglio a nessuno la lettura di questo libro. Quello che pensavo fosse un libro con esperienze e riflessioni su anni scomodi non è nient'altro che l'esercizio (non troppo ben riuscito!) di dimostrazione che, chi quegli anni li ha davvero vissuti, è l'unico detentore di certezze. Il modo di esporre queste certezze non è altro che un esercizio di non dialogo. Mi aspettavo molto di più onestamente. E invece prevale la noia. Se l'autrice intendeva far partecipe chi come me non ha vissuto quegli anni ha toppato completamente l'obiettivo. Alla fine ti vien voglia di star dalla parte contraria. SCrittura che si può (banalizzando ovvio!) definire "antipatica".
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