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Percezioni variabili - Silvia Bortoli - copertina
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Percezioni variabili - Silvia Bortoli - copertina
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Descrizione


Immagini nitide e forti che rendono visibili sensazioni, sentimenti e pensieri ricchi di sfumature cromatiche. Il rapporto con la natura e gli oggetti (la mucca Nera e le decorazioni natalizie, i cespugli di cineraria marittima e i libri del prigioniero), con i suoni e gli odori (di inverno, di buio e di infanzia, di cera, cannella e zucchero vanigliato, di mele al forno e chiodi di garofano) non creano soltanto sfondi, ma sono parte integrante di questi undici intensi racconti.
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Dettagli

2005
1 febbraio 2005
93 p., Brossura
9788881766192

Voce della critica

Traduttrice del romanziere Theodor Fontane (premio Monselice 2003) e, tra l'altro, autrice di L'inesperienza (Manni, 2003), Silvia Bortoli, veneziana residente a Napoli, si ripresenta con un mazzo di racconti: meno di una dozzina e per lo più di poche pagine ciascuno. Per legarli insieme, Percezioni variabili , il titolo, serve da minimo (e umile) comun denominatore. Tanto più che L'aiutante , uno dei due pezzi lunghi e di particolare rilievo, era già stato pubblicato in precedenza.
In "aiutante" si muta il carceriere che, vieppiù socievole e umano, si prende cura del prigioniero-protagonista per riabituarlo alla libertà, al mondo aperto. Ma c'è quella figura femminile, misteriosa e taciturna, che da lontano e da vicino segue con lo sguardo il cammino verso l'uscita che il prigioniero, alla fine ("non sono pronto!"), vorrebbe rifiutare. Senza funzione concreta i luoghi degli eventi: L'Italia centrale del settembre '43, una "città termale" dalle parti della Selva Nera, una villa spagnola (forse), una misera, lussureggiante Leningrado all'alba dell'89, una capitale francese nebbiosa e notturna. Prevale piuttosto, nei testi, un'ambientazione volutamente diffusa, scarna, impersonale, che fa pensare ai quadri di Magritte ed Edward Hopper, a certe pagine di Poe o Kubin, di Michele Mari o Paola Capriolo.
Gran parte dei racconti sembra pervasa dal leitmotiv del contrasto tra banale (se non disumana) quotidianità e un essenzialità al di là del quotidiano, preclusa e lontana, difficilmente accessibile o per sempre perduta. Alcuni esempi: La vita perduta di Lola Zambiano , "vita perduta" o mai vissuta: Lola, tutta febbrile attenzione per gli amici ospiti di un ricevimento poco prima di Natale, prevede l'assurdità dell'imminente emigrazione, sua e dei familiari, in Argentina. La noia del cavallo sfocia nel racconto del padre (assillato dai congiunti, ma solitario) della sua vita sempre meno sentita e goduta; ma il testo si ferma (viene in mente il Requiem por un campesino español di Ramón José Sender) prima del racconto. Un uomo : un altro pater familias , insopportabile decrepito tiranno in sedia a rotelle che con la caparbietà di non voler morire preserva i congiunti dallo sfacelo, ma, asfissiato da false premure, mena una vita lontana da quella che vorrebbe vivere. Il sogno : l'anelito - come a suo tempo nella romantica, nervaliana Aurélia - ad annullare il disincanto del risveglio, rientrando nel sogno. In una città termale : anche qui, un tentativo - con elementi della mitica catabasi - di fuga: allontanarsi dai disagi di un internato spopolato dal fine settimana. Infine, Logos International , il racconto più lugubre del volume: il contrasto, per una studentessa di lingue straniere, tra la scontrosità dei parigini presso i quali alloggia ("intrusa!") e la cordiale e pertanto sconcertante ospitalità della famiglia araba in periferia - ma con ritorno negato, in quell'incubo di Parigi non più Parigi, con angosciosa notturna attesa, poi vaga speranza "che sarebbe stata salvata".
Essenzialità stroncate, accessibili semmai in dimensioni di sogno. Soppravvivenze da romanticismo in tempi privi di certezze metafisiche? In ogni caso, "racconti luminosi e raffinati", così il retro di copertina, che lasciano meditabondo il lettore a sua volta incerto sull'ubicazione del migliore dei mondi possibili.

Titus Heydenreich

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