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Libro bello e in tenso, al centro dei tre racconti, naturalmente donne, ognuna con i suoi perchè, ognuna con i suoi limiti e ognuna racconta la sua vita alla maniera di Parrella. La prima ha preso il posto del marito in odore di camorra, ma poi sarà in qualche modo "graziata" dalla vita, la seconda alle prese con una stoira parallela con un uomo che ama e si troverà di fronte a un bivio con un bimbo in arrivo; la terza senza amore che si troverà a guradare in maniera sorprendentemnet diversa Gianni...
Questa raccolta di racconti sembra l'elaborazione, non riuscita, di una sceneggiatura di una serie televisiva di bassa qualita'. Il libro e' infarcito di luoghi comuni sul Mezzogiorno, vicende di criminalita' e sentimenti trattati senza un particolare stile.
appena terminato di leggere. che peccato!quasi,quasi, ricomincio da capo, scommetto che trovrei cose nuove, di cui non mi ero accorta. L'abilità di scrittura è sorprendente. Non spiega, racconta e, mano a mano che leggi, capisci, o pensi di capire, ti fai la tua idea. E' una prosa densa, che ti si attacca addosso, dolorosa a tratti. A chi lo legge darei le seguenti istruzioni per l'uso: non distrarti, mai, concentrazione assoluta, assapora ogni singola parola.
Recensioni
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Quattro racconti in prima persona, con protagoniste donne, racconti duri sulla vita napoletana d'oggi, improntata a un'illegalità "normale", di massa. Questa giovane scrittrice, nata nel '74, possiede stile e talento e la sua cifra peculiare è uno sguardo disincantato sul mondo, insieme a una scrittura tesa e intensa.
Parrella procede per intarsi e accumuli, lavora sui dettagli, e ci fa penetrare nelle sue storie non spiegandole, ma costruendo pezzo per pezzo, riga per riga, un solido plot, con gusto squisitamente mimetico, con linguaggio forte e duttile. Nel solco di una grande tradizione (Domenico Rea, Ortese...), Parrella racconta la malavita, l'arte di arrangiarsi, la vita quotidiana con i suoi mille guai e le insperate risorse, e dove il carcere è un'esperienza comune. Finisce in carcere la protagonista del primo stupendo racconto, La corsa , il cui compagno malavitoso, Mario, muore dopo l'agguato di una banda rivale. La donna prende il posto del suo uomo, spaccia e insieme accudisce al figlio (che si scopre omosessuale). Anche per lei l'importante è non arrendersi. Finisce in carcere ma non si dispera poiché è una condizione che tanti altri conoscono: "Il carcere non isola, avvicina". Alla fine la donna è baciata da un'insperata fortuna; qualcuno le riconsegna molti soldi, i buoni fruttiferi che Mario portava con sé il giorno dell'agguato. Dunque in questa realtà drammatica e spigolosa bisogna imparare a difendersi, a fare slalom vertiginosi per scansare le mille insidie quotidiane. E non tutto il male vien per nuocere, se è vero che questa gente possiede un estro e una vitalità che non finiscono mai di stupire.
La scrittura di Parrella sa inglobare in poco spazio, con varietà e vivacità di modi, fatti, gesti, linguaggio parlato ecc. E le grandi protagoniste delle storie sono donne, di cui lo sguardo acuto della scrittrice sa investigare il cuore e l'anima. Donne esperte e disincantate, ma non ciniche né rassegnate, che sanno farsi largo nella vita, come fa Marina nel bellissimo L'amico immaginato . Marina ha un marito e una figlia che coltiva la curiosa fantasia di avere sempre accanto un amico immaginario. Marina è una gallerista di successo e s'innamora di Ernesto, ma deve fare i conti con la realtà che rende così difficile vivere i sentimenti. L'amore per Ernesto basta a farle battere il cuore e a farla soffrire ma non trova sbocco. Il caso vuole che rimanga incinta del marito proprio mentre è innamorata di un uomo con cui non ha mai fatto l'amore. "Tutto il dolore diventò l'impossibilità di avere un figlio da un uomo con cui non era mai stata a letto. Che per quanto lei avesse pensato a lui senza abbandonarlo mai, quel bambino non era suo".
Le donne di Parrella sono passionali e amano le situazioni estreme. E soffrono quando la passione finisce. Cosi accade a un'altra donna nel racconto p G.R. : "Ma avrei voluto questo per me. Io voglio scenate, e porte sbattute. E fughe senza ritorno. Voglio atti unici con finali a effetto, verità urlate in faccia. Sesso per l'ultima volta a farsi male. (...) Invece una mattina l'ho visto nel letto addormentato e ho saputo che non lo amavo più...".
Leandro Piantini
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