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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2014
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Gesú insegnò ai suoi seguaci che è piú facile per un cammello passare per la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio. Eppure, con la caduta di Roma, la chiesa divenne sempre piú ricca e potente. Con questo libro Peter Brown affronta senza ambiguità uno dei grandi paradossi della storia dell'Occidente.
Utilizzando magistralmente fonti alte e archivi «bassi» – elaborazioni dottrinali di matrice teologica, disposizioni del diritto canonico e materiali spuri tratti dalla vita quotidiana di comunità e personaggi minori – il grande storico scrive la prima vera e propria storia economica del cristianesimo e della chiesa delle origini. Al centro del libro la condizione paradossale per cui, se anche la rinuncia, il dono e la povertà si trovano al cuore dei Vangeli, la chiesa, che su quei testi si è edificata, è diventata, nel corso dei secoli, una delle piú formidabili potenze economico-finanziarie della storia. Lungi dal gridare allo scandalo, Brown cerca di spiegare come mai un'istituzione nata sul presupposto secondo cui la vera vita si colloca nel mondo altro della promessa, e che questo mondo, con i suoi beni, lusinghe e tentazioni, è da rigettare, proprio a questo mondo si è adattata con tutte le sue forze.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un libro importante. Peter Brown è uno dei massimi studiosi della tarda antichità e i suoi saggi su Maometto e Sant'Agostino sono fondamentali. Qui riesce a rendere l'idea di un mondo, quello tra il III e IV secolo dc, di trasformazione e di codifica dei valori che ancora oggi vivono nel nostro modo di pensare. Non solo l'Aldilà, l'anima, il Giudizio Universale, la ricchezza e il merito, ma indaga anche il rapporto con il territorio, mostrando un Impero Romano legato alle vie e al Meditteraneo. Un mondo completamente diverso dal nostro, che nasce in quel momento.
Non discuto la competenza e l'erudizione dell'autore, che emergono chiaramente dalla lettura del testo; il libro però mi ha deluso. Credevo che avrei capito come mai il cristianesimo alla fine riuscì a convivere e ad accettare la ricchezza, pur partendo da una condanna inequivocabile della stessa. Invece il testo comincia la sua narrazione quando tale processo ha già avuto luogo, più o meno. Vengono trattate molto, molto ampiamente le posizioni di alcune personalità del IV, V e VI secolo a riguardo della ricchezza e della maniera più opportuna di impiegarla. Non è chiarissmo quanto queste posizioni fossero comuni all'epoca o quanto invece peculiari di quelle grandi personalità. In estrema sintesi direi che purtroppo il libro non è riuscito a coinvolgermi.
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