Negli ultimi 50 anni il capitalismo, che si può definire anche come economia di mercato, ha non solo determinato la scomparsa di regimi alternativi come quello comunista pianificato, ma ha anche dimostrato un dinamismo formidabile, generando ricchezza e benessere per miliardi di persone in tutto il globo. Nello stesso tempo, però, ha messo in evidenza i propri limiti: non è riuscito a evitare un aumento, anche marcato, delle diseguaglianze di reddito; non è stato in grado di scongiurare crescenti e gravi criticità ambientali; non ha saputo trovare formule credibili per evitare il ripetersi ciclico di crisi economiche e finanziarie; non ha potuto consolidare adeguati sistemi di welfare e protezione dei più deboli e svantaggiati. Le imprese sono al centro del sistema capitalistico e hanno dimostrato enorme vitalità. Sotto la spinta dell'innovazione, i progressi tecnologici sono letteralmente esplosi con benefici diffusi a tutti. Ma nello stesso tempo, il ritmo del cambiamento lascia fuori dal percorso evolutivo chi non è in grado di adeguarsi e accompagnare questi progressi. Negli ultimi anni è salito fortemente all'attenzione il tema delle finalità delle imprese (purpose) e dei suoi leader. Sempre meno viene accettata l'impostazione secondo cui unica, o assolutamente prevalente, responsabilità delle imprese è creare valore e generare profitti a beneficio degli azionisti. Compito delle imprese è, secondo una visione crescentemente accettata, creare valore per tutti gli stakeholder, ossia dipendenti, clienti, fornitori, comunità circostanti, salute e ambiente. Obiettivi connaturati sono inoltre il rispetto delle diversità, una marcata attenzione alla parità di genere e l'inclusione a tutti i livelli, oltre che una maggiore attenzione ai livelli retributivi e di reddito.
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