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(recensione pubblicata per l'edizione del 1984)
recensione di Di Carlo, A., L'Indice 1985, n. 3
Questi scritti, apparsi in un arco di tempo che va dal 1920 al 1936, hanno un posto importante nel complesso dell'opera binswangeriana. Pubblicati in Italia per la prima volta nel 1970 (a cura di F. Giacanelli) vengono ora riediti da Feltrinelli con una nuova e interessante introduzione di Umberto Galimberti che li colloca, e ci invita a leggerli, nel contesto più ampio della "Daseinsanalyse" e delle filosofie dell'esistenza. Il ripensamento delle categorie di malattia e salute mentale, la ricerca intorno a ciò che può significare approccio terapeutico alla sofferenza psichica, sono certamente parte non secondaria del momento culturale che attraversiamo.
Binswanger muove da una domanda che investe lo statuto stesso della psichiatria e della pratica psicoterapeutica. Egli si chiede cosa significhi curare la sofferenza mentale, quale sia il punto di forza del lavoro terapeutico. Alla base di ogni comprensione psicologica e di ogni possibile terapia, sono alcune categorie strutturali della esistenza umana, quelle che conferiscono senso all'esserci dell'uomo, che connotano l'esistenza nei suoi significati più profondi: l'essere nel mondo, l'essere con gli altri, l'essere per gli altri. Nel linguaggio fenomenologico binswangeriano comprendere l'altro significa comprendere i modi in cui un uomo vive il mondo della vita, i modi di "essere-nel-mondo", significa cogliere l'altro come esistenza e come progetto. È dunque nei progetti di vita, nei modi di vivere e sentire il tempo, lo spazio, gli altri, che si può cogliere il senso di una esistenza, la ricchezza di una presenza o il suo rarefarsi e impoverirsi. Il terapeuta è allora colui che "ha a che fare con l'esistenza umana"; se questo è il suo terreno, osserva Binswanger, le dottrine psichiatriche di tipo organicistico, che fanno riferimento ad un modello medico-biologico di lettura della malattia mentale, perdono di vista il vero senso del lavoro terapeutico: il valore della presenza, della comunicazione umana.
La polemica di Binswanger è evidentemente quella di un fenomenologo contro la tradizione tardopositivistica in psichiatria, ma se questo è un aspetto significativo della sua opera, l'area di maggiore interesse mi sembra essere, particolarmente in questi scritti, quella dell'incontro-scontro con Freud e la psicoanalisi. In chiave di teoria della natura umana Binswanger polemizza, come è noto, con Freud, per quelli che egli ritiene gli aspetti naturalistici della dottrina psicoanalitica. Ma, al di là di questa polemica e malgrado i limiti evidenti della critica a Freud, a Binswanger non sfugge il carattere radicalmente innovativo e lo spessore ermeneutico dell'approccio psicoanalitico. La prassi terapeutica psicoanalitica è infatti il terreno ideale per ripensare il grande tema del "verstehen", della comprensione dell'altro. La comprensione dell'altro, ci dice Binswanger, passa attraverso un sentire-intuire l'altro come presenza, come unità dei vissuti, come connessione di senso. La pratica psicoterapeutica impara così dalla psicoanalisi che la terapia della mente è arte ermeneutica, un'arte della interpretazione-comprensione o, se si vuole, una scienza del significato. Ma una scienza del significato non può che muovere, nella prassi terapeutica, da una relazione comunicativa tra due esistenze, quella del medico e del suo paziente: sono infatti i modi di questa comunicazione, i modi profondi dell'incontro e dell'ascolto che rendono possibile la connessione di senso in quello che possiamo definire il linguaggio delle emozioni.
La presenza da accogliere nella relazione terapeutica è allora "la storia interiore della persona"; è questo lo spazio proprio della comprensione-terapia. Mentre la malattia è frammentazione, impoverimento e perdita di senso, la terapia è ricostituzione del senso e dell'unità di un insieme di vissuti, è ricostituzione di una "storia della vita interiore". Nella riflessione binswangeriana i due compiti, il compito terapeutico e la riflessione sul significato dell'esistenza sono unico momento.
La suggestione di questi scritti di Binswanger è nei temi che siamo venuti brevemente delineando e in cui la ricerca psichiatrica si alimenta della meditazione e del linguaggio di una antropologia filosofica di matrice husserliano-heideggeriana. Alcuni di questi scritti possono certamente apparire datati. Tuttavia, leggendoli, l'antropologia fenomenologica di Binswanger ci appare attualissima, per quel suo essere luogo di incontro di saperi diversi, per la forza con cui introduce riflessione epistemologica e spessore filosofico nella ricerca psicologica e psicoanalitica contemporanea.
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