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Le ambivalenti posizioni in cui oggi si trova il pensiero politico occidentale ci pone di fronte a un bivio. Se infatti una parte dei suoi rappresentanti ritiene che la democrazia continuerà a funzionare bene e che sia il modello da proporre all’intero pianeta, un’altra parte ritiene che sia attualmente in difficoltà. Di fatto i cittadini controllano poco e male il potere politico e sono schiavi di quello economico, inoltre alcuni fattori del nostro patrimonio collettivo (emozioni, archetipi, antichi saperi) sono stati emarginati dai fattori razionali. Questo libro affronta le difficoltà in cui si ritrova il pensiero politico dell’Occidente, racconta come siamo giunti, nel corso dei millenni, a una situazione critica, partendo da uno sviluppo iniziato con Erodoto per giungere a Rawls, Bauman e Beck. Come aveva sottolineato uno dei maggiori politologi dello scorso secolo, lo statunitense Robert Dahl, la democrazia dei nostri successori non sarà quello dei nostri predecessori: cambierà comunque e si evolverà o verso una maggiore partecipazione dei cittadini al controllo del potere (politico ed economico), oppure subirà una involuzione sempre più oligarchica, con il potere esercitato da esigue minoranze sempre più ridotte.
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Io mi chiedo come possa un editore dare alle stampe un libro così pieno di refusi: la punteggiatura talvolta manca, addirittura Arrigo VIII è chiamato "vili". Per quel che riguarda il contenuto, al netto dei refusi davvero invasivi, il libro per molti punti è un insieme di citazioni, spesso lunghe, tratte dalla letteratura secondaria. Molto più apprezzate le citazioni relative alla letteratura primaria. In generale il libro non è granché organico e non sempre scorre limpidamente, cosa che invece sarebbe richiesta ad una summa. P
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