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Una raccolta di favole contemporanee, anzi antifavole, dove il dubbio, inteso come procedimento conoscitivo, appunto sovverte il genere.
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Ci voleva proprio qualcuno che rivisitasse le favole di Esopo/Fedro dissacrandole come meritano, con caustica ironia, con pirotecnici giochi di pensiero, con funambolici paradossi filosofici, sferzando la stupidità, l’arroganza, tutti gli umani vizi, mettendoli in scena in fulminanti siparietti dalla comicità irresistibile, senza salire in cattedra, senza la pretesa di insegnare niente a nessuno. Castigat ridendo mores, mai detto fu più calzante, soprattutto per la parte ridens.
Recensioni
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I favolisti e zoografi odierni, da Orwell a Gadda, sono, si sa, genia da fidarsene poco, vagamente demoniaca, né conviene sporgere il braccio tra le sbarre dei loro serragli, o aspettarsi, nelle pozioni che offrono, le innocenti tisane di Esopo, Fedro & Co. Non è questo (o almeno non sembra) il caso del guatemalteco Augusto Monterroso, ultima sorprendente voce della sommersa cultura ispano-americana, nelle fantasie del quale ogni ghiribizzo e umor nero pare stemperarsi in volatili bolle d'aria, in malleabili plastiline, in snodate strisce di comics soprareali. Opericciuole aperte, dunque, dove in perpetuo trascorre un agrodolce guizzo di gioco, in bilico fra disincanto e passione, smorfia e divertimento; ma dietro cui s'indovina, tanto più aguzza quanto più contraddetta e dissimulata, una ragione e tensione morale di assai poco frivola lega. Come se Monterroso fosse lui stesso uno di quei messia di cui discorre in una sua pagina: Cristi delusi, inutilmente profetici, che invecchiano a lungo, che nessuno crocifigge.
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