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Tutto è interessante in questo romanzo: l'argomento (i medici assassinati), i personaggi, dal giornalista enogastronico appassionato di nera, ai comprimari e alle sue donne, all'ambientazione in una Torino sorprendentemente autentica, alle riflessioni che la vicenda induce sul tema della medicina, al linguaggio fluido, ma quello che secondo me fa la differenza e lo distanzia positivamente da molti altri gialli, è la costruzione del plot, il meccanismo perfetto della storia, in cui alla fine tutti i pezzi si incastrano perfettamente in una conclusione inaspettata. Questo è quello che io mi aspetto da un giallo, e in questo caso posso dire che le mie aspettative sono state perfettamente soddisfatte.
Sono originali sia l'investigatore sia le vittime nel libro di Adele Rosazza. Cominciamo dall'investigatore: un giornalista. E che c'è di nuovo, dirà qualcuno. Giornalisti, poliziotti, carabinieri, avvocati, criminologi, medici legali, ecc,sono i protagonisti classici dei gialli. Ma questo, Marco Gervasi, è un giornalista enogastronomico (cosa in verità molto attuale) specializzato in cucina etnica. Il poveretto lo è "per caso", costretto dal grande, importante giornale per il quale lavora. Aggiungiamo che il giornale è torinese e non diciamo altro. Aggiungiamo invece che Marco fa il critico enogastronomico con un leggero disgusto, anzi, anche più che leggero, verso la cucina etnica e scopriamo così la vena ironica di Adele Rosazza, vena che la incitiamo a coltivare. Non se ne può più: le rubriche enogastonomiche impazzano, debordano da ogni giornale, libro, rivista, trasmissione tv, mentre, d'altro canto, la moda richiede gente magra, in particolare le donne, sempre più sottili, eteree, per poter indossare le creazioni degli stiisti senza essere ridicole. Mangiare secondo i consigli dei critici enogastronomici o digiunare? Dubbio amletico. Originali sono poi anche le vittime, altre star della società moderna: medici alla moda, ricercati, coccolati, riveriti, strapagati. Siamo molto lontani, che so, dalla "Cittadella" di Cronin col suo eroe o da "ER, medici in prima linea" o dagli infiniti racconti, romanzi, sceneggiati, film col medico eroe buono e anche dal vecchio dottore alcolizzato ma in fondo simpatico di certi western. E anche dall'ottimo veterinario dell'amaro Montenegro ( tra curare o uomini o animali la differenza non è poi così tanta...). Qua, sotto la vernice del successo, i medici sono...ma scopritelo voi. Molto ben riuscito poi è lo sfondo torinese, fuori dagli stereotipi, e il coro delle figure comprimarie. Sotto la vernice del giallo divertente e ironico c'è un acuto ritratto sociologico della nostra società che fa pensare.
Forse questo libro mi è piaciuto tanto perchè sono originaria di Torino, e le descrizioni dei luoghi sono tanto vivide che pare di averli davanti agli occhi. A parte ciò, il romanzo è un buon giallo, dalla trama ben calibrata, senza tempi morti, e con un protagonista azzeccato, un giornalista "torinese doc", che non sarebbe male incontrare in altri romanzi.
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