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Dopo una serata trascorsa a bere in un bar in preda a pensieri suicidi, Giuditta si ritrova in un capanno, legata ad una sedia ed imbavagliata. Davanti a se, immobilizzata nelle stesse condizioni, una ragazza, che Giuditta aveva visto ubriacarsi fino a poco prima nel medesimo bar. Una fine terribile aspetta questa donna, torturata fino alla morte sotto gli occhi di Giuditta, la quale viene invece lasciata scappare. Prima di morire la ragazza riesce a pronunciare solamente un nome ed un indirizzo. Sicuramente un thriller intrigante e coinvolgente. A tratti mi sono però innervosita, alcune situazioni mi sono sembrate davvero paradossali ed irrealizzabili, sono rimasta stupita dal taglio che l’autrice ha voluto dare a questo giallo dove non ci sono polizia o investigatori ad effettuare le indagini. La Bertuzzi riesce comunque nell’intento di far affezionare il lettore ai protagonisti ed a produrre una trama originale e ricca di colpi di scena inaspettati. Insomma, thriller consigliato, l’inizio è veramente ottimo, la psicologia dei protagonisti è abbastanza approfondita, anche se lo sviluppo della trama cade, a mio avviso, troppe volte nell’ inverosimile.
Noioso, scontato, banale. Le numerose storie che si intrecciano o scorrono parallele danno una falsa sensazione di complessità: in realtà si continua ad attendere che succeda qualcosa, ma la narrazione procede con fatica. La soluzione avviene per un momtivo decisamente improbabile e irrealistico, dando al lettore la sensazione di essere preso in giro. I personaggi sono stereotipati e finti: delle macchiette. Il tutto, poi, condito ovunque, a sproposito, da "politically correct" scontati. Fra l'altro un pessimo servizio alla causa omosessuale.
Sinceramente ho letto di meglio, molto meglio. Il libro si trascina stancamente per 500 e più pagine senza sussulti ne colpi di scena degni di nota.
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