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Gli italiani, diceva Gadda, sono "di simulato sospiro". Sembra confermarlo la produzione poetica di un giovanissimo giornalista dell'Ottocento, il milanese Pietro Perego, che diede alle stampe dei Canti nel 1846, delle Fantasie nel 1847 e delle Ore melanconiche nel 1857 (stroncate da Ippolito Nievo), non senza cimentarsi nel romanzo con una sedotta e abbandonata Raffaella ancora nel 1857. È letteratura della seconda generazione romantica, fatta di slanci foscoliani e smancerie modellate sul peggior Prati, dove le topiche del populismo di maniera si accompagnano a una verbosa convenzionalità. Populista, patriota, grafomane estensore di innumerevoli articoli e opuscoli socio-politici, Perego fu interessante figura di repubblicano, non solo per il suo estremismo, ma soprattutto per il voltafaccia che lo trasformò da mazziniano in pubblicista al servizio dell'Austria. Questo percorso di "traditore", fra gli entusiasmi del 1848 a Milano, l'esilio in Piemonte e poi in Svizzera, il rientro in patria e il finale compromesso, è attentamente studiato da Albergoni, in un volume fitto di notizie inedite e documentazione finora poco studiata. Grande pregio del volume è proprio lo scavo fra le gazzette e i periodici di un'Italia non ancora unita, ma vivace nelle sue polemiche giornalistiche. Tutte le parti politiche, infatti, dai democratici ai moderati, dai repubblicani agli austriacanti, dagli unitari ai federalisti, erano ben presenti nell'arengo della scrittura, dimostrando che la penna, non solo la spada, poteva orientare la lotta politica, seguirne gli snodi, rivelarne le contraddizioni. Il caso Perego, sia pure ai margini del quadro, illustra davvero esemplarmente questo fenomeno, facendoci capire quanto sia stato complesso, "antagonistico" e "conflittuale" il nostro Risorgimento.
Rinaldo Rinaldi
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