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La poesia di Rita R. Florit, lo si può intuire, non è abbandono sensuale; è sforzo incessante per decifrare il mondo “spando dal cuore \ notturne sillabe sonore”, uno sforzo che si paga quando il cuore diventa “l’organo del desiderio” e della volontà. "La poesia è una visione del mondo raggiunta con uno sforzo, talvolta estenuante, della volontà”. Fatica “del vivere col cuore divorato \ contratto espanso dilatato in sangue”, perché “le aperture del sangue e quelle del senso sono le stesse” . Un senso che non è più solo ideale e un corpo che non è più solo sensuale. Senso che libera il corpo e corpo che libera il senso. Corpo sensoriale e senso corporale. È nel corpo che si ridisegnano i confini del senso, mai definitivamente perduto perché nascosto nella parola che qui manca per riaffermarlo: desiderio. “Mani mi ridisegnano i confini \ da nuove agrimensure ritemprata”, a riaffiorare il desiderio sopito avido di vita e di parole e di respiri soffocati da respiri. Solo il nudo desiderio che s'interna.
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