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Anno edizione: 2016
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Il saggio di P. Ginsborg e S. Labate indaga il ruolo delle passioni nell'attuale contesto politico prigioniero di un sistema economico la cui "varietà espressiva"arriva a condizionare le società attraverso la spinta al consumo e il controllo delle emozioni. Le politiche neoliberiste non amano le democrazie né i tentativi di ridurre le disuguaglianze, ma puntano ad annullare qualsiasi organizzazione politica del conflitto, istillando nei cittadini apatia ed indifferenza. Gli autori, dopo un excursus storico a conferma di quanto le passioni siano state oggetto di studio da parte di filosofi in ogni epoca, invitano qui a sottoporre la forza pulsionale ad un regime di critica e di consapevolezza che identifichi le passioni capaci di creare relazioni e le distingua da quelle che isolano gli individui e impediscono legami di collaborazione. Se finora la politica ha usato le passioni per occupare e conservare il potere, con una rinnovata consapevolezza sarebbe possibile "declinare in forma innovativa il rapporto tra esercizio della politica e governo di questa energia pulsionale". Nel gran mare emozionale Ginsborg e Labate focalizzano le passioni produttive nel creare una nuova politica democratica perché capaci di aggregare sulla base di valori propri dell'ideale democratico. Contro un neoliberismo che utilizza i sentimenti per schiavizzare i cittadini, la ricerca saprà orientarsi su emozioni inclusive in grado di creare legami resistenti alla paura e su politici che abbiano reso consapevole il loro narcisismo. Solo il politico, infatti, che sia stato in grado di contrastare in sé le passioni asociali del neoliberismo sa lavorare nella società per il benessere dei cittadini. Imparare l'alfabeto delle passioni permette di governarle nella loro complessità e di privilegiare quelle "irriducibili" come l'accettazione, l'inclusione e l'indignazione per la capacità di trasformare rivendicazioni individuali in processi politici utili a rafforzare la democrazia.
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