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scheda di Mugnolo, D., L'Indice 1996, n. 4
Il trattato d'armistizio che impegnava il governo Pétain a consegnare a richiesta agli aggressori nazisti ogni persona di origine tedesca, trasformava in un'immensa trappola quel paese in cui erano per lo più riparati gli esuli, per ragioni politiche o razziali, dalla Germania. Per scongiurare la minaccia incombente di venire deportati in un campo di concentramento o di sterminio, non restava ai fuggiaschi che tentar di raggiungere un paese extraeuropeo.Su questo sfondo si dipana "Passage", lavoro teatrale di Christoph Hein, noto finora al pubblico italiano soltanto come narratore: un pugno di esuli tedeschi (ciascuno con una propria inconfondibile storia) si nascondono in un alberguccio con annesso caffè alle falde dei Pirenei, nell'attesa di poter tentare la fuga oltre il confine spagnolo e di affrontare il viaggio che (così sperano) li metta definitivamente in salvo. La scelta di un titolo "benjaminiano" da parte di Hein è tutt'altro che casuale. Al filosofo tedesco, che proprio alla frontiera spagnola, dopo il fallimento della sua fuga, si suicidò, sapendo che sarebbe stato consegnato ai nazisti, rassomiglia uno dei personaggi del dramma, Hugo Frankfurter.Il personaggio di Lisa, guida indispensabile ai fuggiaschi sui sentieri pirenaici, porta poi lo stesso nome della donna che aiutòBenjamin nel suo sfortunato tentativo. Ma al di là dell'eco suggerita dai dettagli del testo, benjaminiano è il principio stesso di cui Hein si serve per la comprensione della storia: il principio del montaggio, che non solo porta a erigere grandi costruzioni con l'ausilio di materiali minuti, ma nettamente squadrati, bensì anche a scoprire in nuce, nell'analisi del singolo attimo, lo statuto dell'accadere storico.Un testo ambizioso, egregiamente tradotto da FabrizioCambi.
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