"Io guardavo quella distesa infinita, quell'estensione che non c'entrava niente con Ronco e pensavo a come mi sarei potuta orientare e spostare lì in mezzo, a dov'erano nascoste le persone del mio futuro prossimo. Quelle del passato rimpicciolivano a vista d'occhio e mentre rimpicciolivano gridavano cose che non riuscivo a capire". È Arianna, appena arrivata ad Atene. Fra tutte le cose che ha lasciato nel suo paesello d'origine, voci e parole che diventano "sempre più simili a ronzii d'insetto". Parole che restano ad aspettarla come le stanze di una casa, la ghiaia in un giardino, oggetti in soffitta. Le parole che cambiano tutto sono appunto parole che hanno un peso e una forma in grado di spostarci fisicamente oltre le soglie che non volevamo oltrepassare, persino di spostare le soglie stesse. Quelle che credevamo ferme e immutabili.
Quando Arianna rompe con l'uomo con cui viveva in Grecia e torna alla casa familiare di Ronco, dopo anni quelle soglie si muovono. Movimenti impercettibili come la rotazione terrestre che però segnano il passaggio tra la notte e il giorno. Nella casa troppo grande e vuota dove muovendosi silenziosi "capita spesso di spaventarsi a vicenda", Arianna ritrova suo padre, da poco tempo vedovo. Uomo taciturno che deve fare i conti con la riorganizzazione di un'esistenza vissuta in due, adesso che è solo. Lì c'è un giardino dove i fiori di stoffa e plastica si confondono ed esaltano la bellezza di quelli veri e dove il dondolo oscilla nell'aria di burrasca forse sfiorato dal passaggio di una mamma che non c'è più ma "è curiosa di sapere come parliamo senza di lei". Un parlare domestico, quindi, ma da addomesticare. E così le parole sostituite con profondi silenzi, gesti, sguardi, ritornano a poco a poco, tasselli di una storia familiare in parte sconosciuta, che improvvisamente ha spostato la sua soglia e vuole essere attraversata. Arianna trova nell'appartamento dove lei e suo fratello Denis sono cresciuti, e che suo padre ha inspiegabilmente venduto, una lettera. I nuovi inquilini la fanno entrare a rivedere quel posto ed ecco che da un cassetto di quello che è stato per decenni il comodino di papà salta fuori una parte consistente di vita che riguarda tutta la sua famiglia ma è stata taciuta da sempre. Suo padre aveva un grande segreto. Anche Arianna ha qualcosa da svelargli.
Inizia così la ricerca del significato di quelle parole, il progressivo svelarsi di cosa c'era e c'è sotto tutti quei significanti. Non del concetto vago di amore capace di comprendere le ragioni dell'altro, ma la ricerca di una forza di gravità che stacchi le parole dal ramo e le faccia cadere come frutti maturi perché "non è quella che ci tiene legati al mondo?. Abbandonarsi. Accogliere un peso. Mi viene in mente mio padre qualche giorno fa in mezzo ai ciliegi, quando mi ha teso la mano perché lo tirassi su e io ho sentito tutto il suo peso per la prima volta nella mia vita"
Le parole che cambiano tutto, primo romanzo di Susanna Bissoli dopo i racconti di Caterina sulla soglia, è un romanzo che incolla le parti di qualcosa che si è rotto per restituire un'integrità e raggiungere una nuova forma fatta anche di zone vuote, spiragli lasciati all'immaginazione perché anche il vuoto e il non detto collaborano all'interezza. Una storia familiare privata ma che parla di noi quando decidiamo di fare ordine nelle nostre vite ripartendo dalle cose semplici che in realtà sono più importanti di quelle complesse. È un romanzo "del ritorno", vissuto non come straniamento o definitiva accettazione della distanza acquisita da ciò che siamo stati, ma come trasformazione, riconversione del passato attraverso la lente della scoperta, delle nuove prospettive maturate con la crescita. Ed è, soprattutto, il risultato narrativo di un talento vero, dell'eleganza che distingue la scrittura lucida, disadorna e istintiva di Bissoli, che sa essere malinconia ma non struggente, introspettiva ma senza pretese psicoanalitiche, che affronta il dolore del lutto ma sa lambirlo portandosi via solo un po' di molecole, e sa farci anche sorridere parlando di un gatto che ti guarda insostenibilmente negli occhi o di qualche altro dettaglio colto nel vivo della sua essenza più buffa. La vita quotidiana catturata in questo modo diventa pretesto per raccontare quanto c'è di straordinario nelle nostre storie.
"Quando gli ho detto che tornavo a Ronco mio fratello mi ha chiesto se ero scema. Qualunque cosa sia successa con Janis, mi ha detto, prendi un traghetto e vattene su un'isola. Ma io in quel momento non ero proprio capace di ragionare. Vedevo Ronco in sogno, mia madre seduta in giardino vicino al nespolo che mi faceva cenno di sedermi. Sono qua, le dico, parlami adesso". Le parole di Bissoli non hanno la pretesa di cambiare tutto, ma sono preziose come una spilla che aspetta nel cassetto un dito da pungere.
Ester Armanino
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