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Ha ancora senso oggi la parola «Dio»? Forse, guardando dentro le Scritture e nella storia è possibile rianimare quel movimento che gli steccati delle dottrine hanno stravolto e inaridito. Forse, è possibile ritrovare in essa lo stesso dinamismo delle vite umane e delle stelle.
Pensare che Dio sia "soltanto" una parola non significa ridurne il valore nella storia. Al contrario, può significare dare contenuto di realtà alle radici profonde che hanno indotto, nei secoli, comunità di esseri umani a lavorare intorno a questa immagine, costruendo una foresta di simboli, tracciando cammini di conoscenza e di relazione tra gli uomini. Ma poiché ogni pensiero deve fare i conti con la contemporaneità, è necessario capire se la parola «Dio» sia oggi sfibrata, svuotata di senso oppure se sia possibile rinvenirne un significato nuovo, in cui al di là della narrazione mitologica si possa intravedere l'ossatura di una inesausta ricerca. Potremmo allora considerare la parola «Dio» come il punto di intersezione tra le piccole vicende umane di ogni tempo e le vorticose dimensioni della ricerca intorno all'universo. Forse è in questo incrocio di strade che la parola «Dio» è stata formulata. E forse si può tentare oggi di immaginare una nuova mappa. Interrogando la vita, ma anche le scienze, la poesia, la storia e le Scritture stesse. Ha ancora senso oggi la parola «Dio»? Forse, guardando dentro le Scritture e nella storia è possibile rianimare quel movimento che gli steccati delle dottrine hanno stravolto e inaridito. Forse, è possibile ritrovare in essa lo stesso dinamismo delle vite umane e delle stelle.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il saggio parte dalla svalutazione della parola Dio nella modernità, consumata dalla ripetizione, sporcata dai fondamentalismi religiosi, sostituita nella domanda di senso dalla scienza che indaga il cosmo e l’infinitamente piccolo. L’autrice indica la via di un riposizionamento semantico che si allaccia all’orizzonte umano, alla tensione ideale verso un vivere comune all’insegna di giustizia, misericordia e amore per l’altro. Lo fa ripartendo innanzitutto dal patrimonio delle scritture, dalla Torah ebraica e dalla Bibbia cristiana, una parola che a suo dire va depurata dalle incrostazioni legate al tempo e alla cultura in cui è stata elaborata e sistematizzata, per approdare a un processo di interpretazione continua che deve portare a una rielaborazione individuale. Non una Verità calata dall’alto e ingessata nel dogma quindi, ma un sostegno, un appoggio su cui fondare la propria ricerca di senso e l’essere insieme agli altri. In quest’ottica i testi prediletti sono quelli profetici e i salmi, modello di una preghiera/invocazione necessaria alla definizione del proprio essere, più che propedeutica ad un intervento miracoloso e risolutivo. Lo sviluppo del libro è ricco e stimolante, un tassello utile nell’invocato sforzo di re-interpretazione della parola Dio e di quella a Lui attribuita. Un limite è la scelta di lasciare in ombra l’altra valenza della medesima parola, quella ‘verticale’ che va oltre l’umano, interroga il mistero di un Altro e desidera una conoscenza assoluta, a dispetto dell’indeterminazione che la scienza contemporanea postula come principio.
Una lettura che aiuta a riflettere spingendoci a rinnovare le nostre domande e le nostre risposte. Una sensibilità formatasi con la pratica dell'ascolto delle parole della spiritualità, ci pone una domanda basilare: "Ha ancora senso la parola Dio?" Una parola comune diventata nome proprio, ma che sembra aver perso senso. Generazioni di esseri umani hanno cercato di darle senso, ma ora sopravvive inerte e consumata. Il nostro linguaggio sulla spinta del disagio spirituale e delle novità scientifiche sente la necessità di rinnovarsi sconfiggendo i pregiudizi e rinnovando la conoscenza. Attraverso l'inesausto provare e dimostrare, accogliere e contestare, interpretare, approvare e superare, è possibile costruire un futuro che vada oltre la precarierà dell'esistenza. Interrogando la scienza, la poesia, la storia, le Sacre Scritture, Gabriella Caramore ci propone di riformare il nostro linguaggio continuamente, adeguandolo alla mobilità della vita, in un secolo in cui tutto è nuovo rispetto al passato. E ci propone anche di guardare a Dio in una maniera nuova. Forse la parola "Dio" non va abbandonata, ma riformulata. Va colmato lo iato fra tradizione ed esperienza. Come scrive Gabriella Caramore: "Dio, come parola, va considerato alla luce della parola "Insieme", dentro la quale si snodano i percorsi delle vite umane, che non possono prescindere le une dalle altre"
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