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Anno edizione: 2015
Anno edizione: 2022
Anno edizione: 2007
Se la lettura è per sua natura un vice impuni, come scriveva Valéry Larbaud, che cosa dire allora della traduzione? Attraverso quattro saggi sulle versioni italiane delle opere di Gertrude Stein, Henry James, Angela Carter ed Emily Dickinson, Pareti di cristallo di Barbara Lanati descrive il lavoro del traduttore come un viaggio au bout de la nuit, durante il quale si impara ad aggirare il testo di partenza, ascoltandone il ritmo e i silenzi. In questo senso, tradurre significa cercare di controllare il testo senza soffocarlo, dissolvendone le sfumature o aggiungendone di nuove. È cioè un esercizio di écriture lente, fatto di ostinato rigore e di piccole violenze, che porta a immergersi in un universo di parole scritte da altri. Non a caso, nell'introduzione al volume, Gianni Vattimo descrive la traduzione nei termini della teoria della ricezione di Hans Georg Gadamer. Già perché, se alla fine il traduttore scopre che la sua fedeltà resta ancorata al significato, allora ha compiuto una sorta di tradimento. Più che ritrarre ciò che è detto nei testi che prende in esame, deve infatti mettersi nella loro direzione, in modo da trasferirne il senso nella propria lingua. È per questo che Pareti di cristallo è anche un'autobiografia, che ripercorre le tappe del lavoro attento e raffinato della sua autrice. E, nello stesso tempo, costruisce un'antologia personale di maestri e modelli, come Margherita Guidacci, che traducendo le poesie di Dickinson divenne a sua volta poetessa. In quanto jouissance del testo, la traduzione consiste infatti in un percorso di poiesi artistica non dissimile da quel "doing nothing but using losing refusing and pleasing and betraying and caressing nouns" (altro non fare se non usare perdere rifiutare e amare e tradire e accarezzare i nomi) che Gertrude Stein attribuiva alla poesia. Luigi Marfé
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