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Paracelso. Medico, filosofo, mago
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1995
1 gennaio 1995
240 p.
9788875456399

Voce della critica

STAHL, EVA, Paracelso. Medico, filosofo, mago

PARACELSO, Contro i falsi medici. Sette autodifese
recensione di Porta, M., L'Indice 1996, n. 2

"Se l'obiettivo di qualsiasi ricerca filosofica è la conoscenza, ebbene Paracelso, nella sua breve vita, cercò soltanto la conoscenza. Nella sua visione filosofica spicca per importanza la 'luce della natura', ovvero l'intelletto che deve guidare l'uomo nella vita e il medico nella professione". Come efficacemente sintetizza Eva Stahl, l'intera esistenza di Theophrastus Bombastus von Hohenheim, soprannominato Paracelso dai suoi entusiasti studenti di Basilea con un lusinghiero accostamento a Celso, fu dedicata all'approfondimento delle conoscenze mediche e al tentativo di alleviare le sofferenze dei malati con approcci razionali e, soprattutto, efficaci. Chi è medico sa che tutto ciò rimane problematico ai giorni nostri ma la Stahl illustra bene quanto lo fosse nel XVI secolo per chi, come Paracelso, si rendeva conto delle assolute incongruità e inutilità dei rimedi fino ad allora praticati. Se aggiungiamo da un lato l'ostilità della Chiesa e del mondo accademico verso tutto ciò che, attraverso l'osservazione diretta e la sperimentazione, potesse contraddire gli insegnamenti dei classici e dall'altro un carattere non incline a moderare i termini nelle dispute con i contemporanei, riusciamo a percepire, almeno in parte, il tormento di un uomo calato dal destino nell'epoca sbagliata.
Fin da piccolo, Paracelso apprese dal padre, anch'egli medico, i rudimenti della cura dei malati e le virtù terapeutiche delle erbe e dei minerali: la "farmacia della natura" come poi la chiamò. Studiò medicina a Ferrara e fece pratica, diremmo oggi, al seguito degli eserciti che attraversavano i paesi dell'Europa, ricavando grande esperienza professionale e duratura avversione per la guerra. Privo delle necessarie conoscenze di anatomia e fisiologia, tentò vanamente di applicare metodi terapeutici razionali ed è considerato, se non il fondatore, il precursore della farmacologia moderna in quanto sosteneva che i principi attivi presenti nelle sostanze naturali dovessero essere potenziati attraverso precisi quanto elaborati procedimenti, seppur alchemico-astrologici. La fama dei suoi preparati si diffuse per l'Europa, facendo sì che venisse chiamato a praticare e insegnare presso numerose università. In quasi ogni sede, tuttavia, ai successi iniziali seguivano l'invidia e il risentimento dei colleghi, che lui contribuiva ad attizzare con pubbliche critiche ai medici paludati, avidi e ignoranti, e ai farmacisti, altrettanto avidi nonché inaffidabili nel preparare le prescrizioni. A ciò aggiungeva l'insegnamento della chirurgia, allora considerata indegna dei medici, roghi dei trattati classici e una condotta di vita su cui, anche oggi, molti troverebbero da ridire: abbondanti libagioni in osterie di infimo ordine, un abbigliamento decisamente trascurato e un'aura di stregoneria che derivava dall'assidua frequentazione degli alambicchi. Donne pare non ne abbia mai conosciute, e anche su questo neppure oggi la passerebbe liscia. Il risultato era la fuga verso nuove sedi, dove il ciclo si ripeteva immancabilmente. I suoi unici punti di riferimento rimasero la profonda compassione per le sofferenze dei malati e l'amore per la conoscenza di rimedi che tali sofferenze lenissero.
Eva Stahl incastona gli scritti e la pratica di Paracelso nel contesto storico, con agili ma esaurienti capitoli sulla storia della medicina fino al XVI secolo e sugli intrecci di questa con l'alchimia, la magia e le persecuzioni della Santa Inquisizione. Il VII capitolo è in realtà un saggio sull'ipotesi, verosimile, che Goethe abbia preso Paracelso a modello del suo Faust. Il volume curato da Massimo Luigi Bianchi raccoglie sette testi scritti da Paracelso per difendersi dalle accuse di avere inventato una nuova medicina, descritto nuove malattie, dato nuovi nomi a quelle note e prescritto nuove ricette, aver troppo viaggiato (!), evitare la compagnia dei colleghi, non essere di buon carattere e non saper, lui neppure, guarire tutte le malattie. Le parole vibranti di Paracelso sono la miglior testimonianza del suo inappagato desiderio di buon senso, ancor prima che di conoscenza. Tornano alla mente certe fantasticherie dei tempi di scuola: se fosse possibile prelevarlo dalla sua epoca con una macchina del tempo, chissà come gioirebbe delle risposte che la medicina moderna ha fornito ai suoi interrogativi! Epperò, chissà se troverebbe i nostri contemporanei molto migliori dei suoi?

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