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La ricerca porta alla luce, incrociando una documentazione d'archivio con interviste recenti, una delle rare esperienze italiane di achsciaroth, cioè di campi di addestramento istituiti per preparare giovani ebrei, in fuga dalla Germania nazista, all'approdo in Palestina, sulla scia di un progetto sionista. Il campo funzionò dal 1934 al 1938 nella fattoria Montemagno di Ricavo, nel comune di Castellina in Chianti, a 28 chilometri da Siena, e in quattro anni ospitò in tutto circa duecento giovani. In Toscana, in Piemonte e in altre regioni questi stranieri, per lo più di estrazione borghese, lavorarono a fianco dei contadini italiani per imparare a coltivare la terra. Dopo un anno e più di permanenza in Italia, speravano di ottenere il visto per emigrare in Palestina, allora sotto mandato britannico. Soltanto in settanta riuscirono a coronare il loro sogno. Nel settembre del 1938 il governo fascista decretò la loro espulsione dall'Italia. Molti sarebbero periti nella Shoah. Nella prefazione si sottolinea che scarsi furono i contatti con i contadini locali. Se c'era qualcosa che scandalizzava i contadini nella condotta dei nuovi venuti, "questo non era si nota la diversità del loro credo religioso e dei riti che lo distinguevano, bensì il fatto che ragazzi e ragazze vivessero insieme sotto lo stesso tetto". Carla Forti colloca l'istituzione del campo sullo sfondo del panorama di idee dibattute allora nelle comunità ebraiche in Europa. Il promotore del campo, Mario Ottolenghi, non lesinò lodi al governo fascista, esaltando, in un articolo del '34, la "simpatica prontezza" con la quale era stata concessa l'autorizzazione. Ma sin dall'inizio non mancarono difficoltà. E l'isolamento della strana comunità era assicurato. Alle parole rassicuranti pubblicate facevano riscontro ben diverse convinzioni effettivamente nutrite.
Roberto Barzanti
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