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Anno edizione: 2019
Attorno a questi tre straordinari personaggi si snoda una grande romanzo d'avventura in cui Ghosh dà voce all'eterno conflitto tra uomo e natura, libertà e destino, mito e ragione.
«Una storia meravigliosa e avvincente… scritta con autentica grazia» – Sunday Times
«Una spedizione alla Conrad, un conflitto alla Forster tra verità occidentali e realtà indiana» – The Guardian
Piya è appena arrivata a Canning, l'ultima fermata per i Sundarban, l'immenso arcipelago che si stende fra il mare e le pianure del Bengala e che, secondo la leggenda, è sorto il giorno in cui la treccia del dio Shiva si è disfatta e i suoi capelli bagnati si sono sciolti in un immenso e intricato groviglio. Piya, giovane biologa marina nata in Bengala ma cresciuta negli Stati Uniti, è arrivata in questo dedalo di fiumi e foreste per scandagliare le profondità marine. Sui corsi d'acqua di mezzo mondo, Piya si è sempre sentita protetta dalla sua inequivocabile estraneità, dai suoi capelli neri corti, dalla sua pelle scura, dai suoi lineamenti delicati di giovane donna indiana. Qui, in un posto in cui si sente più straniera che altrove, sa che il suo aspetto la priva di ogni protezione. Per Kanai Dutt, invece, l'interprete diretto a Lusibari per decifrare un misterioso diario lasciatogli da uno zio, l'arcipelago è soltanto il paesaggio dove poter sfoggiare l'agilità e la prontezza del viaggiatore capace di cogliere istintivamente l'attimo. Soltanto per Fokir, il pescatore, i Sundarban sono il mondo. A bordo della sua barca, fatta di canne, foglie di bambù e fragili assi di legno, Fokir conosce ogni angolo di quest'universo, e sa che qui non esistono confini tra acqua dolce e salata, fiume e mare, terra e acqua, poiché quotidianamente le maree penetrano fin dentro le pianure del Bengala e foreste e isole intere scompaiono.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Francamente un po' deludente. Passi l'ambientazione tra lo storico ed il contemporaneo che getta luce su una realtà a cavallo tra India e Bangladesh. Ma i personaggi sono estremamente poco empatici e l'impianto narrativo è poco avvincente. La scienziata Piya, stucchevolmente politically correct, il traduttore Kanai, incomprensibilmente borioso e pieno di sé come se avesse vinto un Nobel, invece che gestire una società di traduzione, l'espediente narrativo del taccuino nello zio Nirmal usato per inserire pagine su pagine di resoconto storico, con l'effetto di appesantire il racconto. Improbabili accenni a infatuazioni tra x, y e z senza che aggiungano niente di interessante alla trama. Da appassionato di romanzi storici, ahimè, il giudizio non convince. Peccato
Non credo che avrò mai modo di vedere davvero "Il paese delle maree" ma grazie a questo libro è come se ci fossi già stata. Il paesaggio è descritto in modo magistrale ed è bellissimo il tema del conflitto tra i diritti dell'uomo e la preservazione della natura. Da leggere
Nel libro si racconta la vicenda di una ricercatrice nord americana, ma di origine indiana, che studiando l’attività dei cetacei di fiume ed arrivando in missione nella grande area marino-lagunare del Sundarban, sotto Calcutta, involontariamente condizionerà (e non sempre senza creare incomprensioni) la vita delle persone con le quali verrà a contatto; nel persistere d’una natura dal predominio imperante. Amitav Ghosh è da anni impegnato a scrivere libri che illustrano al lettore storia e multietnicità della sua India con tutte le differenze, anche d’animo e carattere, che ne contraddistinguono la varietà tipica di un vero e proprio continente a sé stante. Lavoro meritorio e di indubitabile sostanza letteraria, date le qualità dell’autore, laddove le vicende narrate raggiungono lo scopo di coinvolgere ed interessare chi giunge poi ad usufruirne. In questa pubblicazione però, le ripetizioni si rendono talvolta ossessive ed il desiderio di far conoscere storia, vicende specifiche, tradizioni, aspetti religiosi e definizioni tipiche e tradizionalmente nominate pure in lingua originale, allungano di troppo l’articolazione delle vicende narrate; delle 450 pagine, almeno un centinaio sembrano scritte tanto per fare volume. Siamo ben lontani dalla bellezza a tutto tondo de “Il Palazzo degli Specchi”. C.Matar
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