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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2019
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Ecco uno di quegli uomini che avrei seguito anche nelle più orrende cave dell'Averno, uno spirito raro, uno di quegli animi abitanti dalle più sparse e ludiche curiosità negli anfratti della cultura e al tempo come adagiato su un giaciglio di certezza presto agguantato fra le fatiche del cuore: quel limite, quella complessità d'insieme oltre la quale l'umano non può mai spingersi. Questo libro è un prisma che attrae proprio perché sconcerta, si porta dentro l'umiltà di un eterno allievo educato alla scuola dello stupore e insieme la sicurezza con cui un maestro ci racconta l'imprendibilità dell'arte, della vita, il suo passo sfuggente, l'intraducibile miracolo che pur si compie. Tant'è che una delle uscite prese da Berger è una frase di Joyce: "Un sapere senza solennità che getta tocco e toga per trasformarsi in burlone e giocoliere". Ma ce n'è un'altra, assai più concreta, che sfonda ogni muraglia ideale andando a sbattere sul vero universo interiore degli uomini: "Diversi anni fa ho scritto che giudicavo un'opera d'arte in base alla sua maggiore o minore capacità di aiutare gli uomini del mondo moderno a rivendicare i loro diritti sociali". Tante altre chiavi però aprono porte e porte in questo tomo magnifico. Ed esse mostrano i variegati "paesaggi" che si incontrano nella lettura, siano essi il rapporto tra genio e tradizione, il cubismo, l'odioso marketing contemporaneo. Così come gli ospiti inclusi nella bottega di Berger si perdono: da Piero di Cosimo a George Morland, da Rosa Luxemburg a George Watts, da Rembrandt alla Weil. Ma la forza del libro è anzitutto politica, lo sguardo di un marxista convinto sui fondali di una modernità lacerata, ambigua e malsana fornace dove sono "i ricchi a imporre le priorità al resto del mondo. Di conseguenza i poveri moderni non vengono compatiti, bensì eliminati come spazzatura. L'economia del consumo del XX secolo ha prodotto la prima cultura in cui un mendicante non evoca nessun ricordo". Un masso. Niente da aggiungere.
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