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Un piccolo tassello, non necessariamente periferico, aggiunto al mio puzzle di Friedrich Glauser. Quattro brevi novelle. Secondo me la quarta, quella che dà il titolo al volumetto, è la migliore.
Recensioni
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Anche questi quattro racconti dello svizzero Friedrich Glauser (due scritti in francese e due in tedesco), ora riportati alla luce, nascono all'insegna di un irrimediabile male di vivere. Il primo, Nouvelle, come informa Gabriella de' Grandi nella premessa, è del 1915, ed è opera di un autore ancora ventenne, ma già con un tentativo di suicidio alle spalle. Dal primo testo, più acerbo, fino agli altri, via via più maturi, Glauser ingaggia un corpo a corpo con la figura del padre e/o con quella dell'autorità volta per volta diversamente incarnata: la legge, il manicomio, la chiesa. Nel primo, il padre misogino spiana con le sue parole la strada alla prima delusione amorosa del figlio che, scoperta con un altro la ragazza di cui era innamorato, scrive i primi versi, versi "aspri e amari, colmi di disgusto per la vita". Negli altri si sviluppa invece un ininterrotto soliloquio dinnanzi a presenze allucinatorie (Il piccolo e Tre notti) o un monologo rivolto al proprio psichiatra (Outsider). Ora è proprio il padre a parlare, lamentando la scomparsa del figlio con il quale, è vero, era troppo duro, come suo padre stesso era stato con lui (un padre però non può essere amico del figlio), scontando la solitudine davanti a un dio silenzioso come quello di Camus. Ora è il figlio che, come in uno specchio, o con gli occhi rovesciati all'interno per osservarsi il cervello, esplora la propria coscienza di parricida e, nella critica della famiglia, invoca il Cristo che era venuto a separare il figlio dal padre: "Perché era l'unico a conoscere le radici del male di cui soffriamo". Fulminea considerazione che anticipa la concezione patogena dei legami parentali di un David Cooper e del suo La morte della famiglia. Il padre è qui il detentore di un potere che vorrebbe a sua volta reprimere e sopprimere, il portatore di una legge morale inflessibile perché in qualche modo consapevole della propria labilità. Legge che, come in Kafka, fa paura.
Enzo Rega
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