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Anno edizione: 2003
Anno edizione: 2018
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Conobbi Pressburger nella lontana Estate del 2003, a Cividale del Friuli, durante il Mittelfest. Con un senso di timorosissima stima lo avvicinai, lo salutai stringendogli la mano. La sua profondità di dentro mi arrivò immediatamente chiara in una dolcezza che eludeva le forme e le cortesie del momento. Mi figuravo un uomo come più nascosto e severo, mai avrei associato - nei miei poveri istinti - tanta squisita cordialità a quegli anni bui della deportazione ebraica da cui egli era scampato grazie (se ricordo bene) al folle miracolo di Perlasca. Dopo i naturali convenevoli gli chiesi di consigliarmi un libro; sapevo che era un Maestro e un traduttore finissimo dall'ungherese, ma a sorpresa mi rispose: "Si legga un Dickens a piacere"; tuttavia non mancò di aggiungere un Sellerio allora edito da poco, ed era appunto un ungherese, Viaggio sentimentale di Francois Fejto. La sua scomparsa adesso mi scuote e mi rattrista in un dispiacere autentico. Dunque lo voglio ricordare con questa bellissima raccolta, che era proprio di quell'anno. Un gioco di specchi familiari nella più vera e scavata ortodossia all'ebraismo, storie di botteghe e di orologi, di antenati maledetti e personaggi umilissimi. I primi rimandi che arrivano sono quelli a Schulz e a Malamud, ai fratelli Singer, ad Agnon, a tuta quella meravigliosa impronta poetica che quella geografia letteraria ha saputo imprimere a vette sbalorditive nel ventre squarciato del Novecento intero. Credo che gran parte dell'Ungheria letteraria nel panorama editoriale italiano abbia avuto la sua sorvegliatissima cura, la sua dedizione impeccabile (penso fra i tanti a Esterazy o a Tibor Dery), così come si sprecano le regie radiofoniche e teatrali. Un Maestro insomma, uno di quegli uomini che possono solo arricchire con talento indiscusso le fragili pareti del mondo culturale. Un Maestro...
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