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Anno edizione: 1997
Anno edizione: 2015
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Aion (1951) è un opera matura di Jung. Lo scienziato svizzero estrapola delle trattazioni in un corredo linguistico che sembra prediligere a volte la patristica a volte il Lexikon ermetico corredato dalle proprie idiosincrasie linguistiche e dalla ricetta dell'arcanum greco-alessandrina, quel magnete che attira dai fondali come pulmo marinus o Echeneis nei commentari di Plinio dell'Historia naturalis. Identificando il pesce con il simbolismo giudaico-cristiano Jung muove delle costatazioni a tutta prima astrologiche ma che orientano l'empiria dei processi inconsci sul un nuovo simbolo e archetipo autocostellantesi: l'archetipo psicologico di Cristo e quest'ultimo come Sè e parallelo Cristo-Lapis a comprova di come gli alchimisti e in prima linea Dorn tenevano al "corpus caeleste sive sopracaeleste" così come la Mumia di Paracelso e l'estrazione del balsamo che era permeato a olio, corpo sottile e tinctura (cardini empirici del processo di individuazione). Il padre della psicologia analitica discorre l'Aion cristiano con un excursus ben al di sopra delle sue capacità storico-comparate accompagnando per mano il lettore nel mistero pagano-gnostico: dalla filosofia delle religioni, alla mitologia, quella Egizia a ciò che Jung eleverà a romanzo mitico ovvero lo Gnosticismo e l'incredibile pensiero dei Padri della Chiesa,uno su tutti Ippolito con l'Elenchos e Sant'Ireneo, Epifanio ma senza tradire un Basilide e quei massimi sistemi valentiniani e neoplatonici che concreteranno le premesse empiriche sulla complessità archetipica annoverata nel De profundo levatus come calamita, mare e inconscio: dal magnes sapientium e alla pesca miracolosa dell'arcanum estratto dalla sua Magnesia nostra quale prima materia e ermafroditica sostanza di trasformazione per il filosofo per passare poi agli albori dell'alchimia in un analisi storico-religiosa del simbolo del pesce (anche questi tratto dalle acque come il magnete e il mercurio e pesce cinedico) e del pensiero gnostico su cui Jun
Aion (1951) è un opera matura di Jung. Lo scienziato svizzero estrapola delle trattazioni in un corredo linguistico che sembra prediligere a volte la patristica a volte il Lexikon ermetico corredato dalle proprie idiosincrasie linguistiche e dalla ricetta dell'arcanum greco-alessandrina, quel magnete che attira dai fondali come pulmo marinus o Echeneis nei commentari di Plinio dell'Historia naturalis. Identificando il pesce con il simbolismo giudaico-cristiano Jung muove delle costatazioni a tutta prima astrologiche ma che orientano l'empiria dei processi inconsci sul un nuovo simbolo e archetipo autocostellantesi: l'archetipo psicologico di Cristo e quest'ultimo come Sè e parallelo Cristo-Lapis a comprova di come gli alchimisti e in prima linea Dorn tenevano al "corpus caeleste sive sopracaeleste" così come la Mumia di Paracelso e l'estrazione del balsamo che era permeato a olio, corpo sottile e tinctura (cardini empirici del processo di individuazione). Il padre della psicologia analitica vuole quindi discorrere l'Aion con un excursus ben al di sopra delle sue capacità storico-comparate: dalla filosofia delle religioni, alla mitologia, quella Egizia a ciò che Jung eleverà a romanzo mitico ovvero lo Gnosticismo e l'incredibile pensiero dei Padri della Chiesa,uno su tutti Ippolito con l'Elenchos e Sant'Ireneo ma senza tradire un Basilide e quei massimi sistemi valentiniani e neoplatonici che concreteranno le premesse empiriche sulla complessità archetipica annoverata nel De profundo levatus come calamita, mare e inconscio: al magnes sapientium e alla pesca miracolosa dell'arcanum estratto dalla sua magnesia nostra quale prima materia e arcana sostanza di trasformazione per il filosofo per passare poi agli albori dell'alchimia in un analisi storico-religiosa del simbolo del pesce (anche questi tratto dalle acque come il magnete e il mercurio) e del pensiero gnostico su cui Jung sembrava scorgervi una vera soluzione di continuità all'interno di una tesi ed antitesi.
L'Aion di C. G. Jung (1951) è una profonda disquisizione teologica e digressione empirica sulla teologia ma anche di quella antica ricetta alessandrina dell' alexipharmakon, di quell'"extractio magnes" estratta dai mari filosofici del sapere arcano e dalle lagune ermetiche dello gnosticismo a parafrasi di ciò che Jung intese nel concetto di telos e teleiosis,la perfezione del non perfetto, il principium individuationis come progetto e psicogenesi del Sè. Come la makaria physis in Cristo e quale Jesu ho makarios è una natura beata ma che richiede completezza al fine di "passare per quella porta" come dicono le sette dei naasseni o Ofiti e divenire un salvato (sothenai). E se l'antico motto per fabbricare la pietra filosofale e l'oro verde era il "perfectum non perficitur" è nella stessa malattia del bronzo che ristà la benedicta viriditas, l'hydor theion o l'Herakleion lithon, la pietra eraclea emersa dai flutti marini nella trattazione ermetica in Aion. Un testo che si rivelerà un profondo opus di quella pesca sottomarina e totemica dei "pescatori d'uomini"del "magnes" e della magnesia filosofica e di quell'"artificiosum secretum sapientium"o "artifex" trasmesso da quella antica dottrina per via adeptica nell'assimilazione della pietra filosofale quale pietra cinedica, opsianos lithos, ossidiana e Remora o piscis rotundus, idromedusa ed Echeneis di Plinio, creatura contenuta nel mare incommensurabile "piccola per la statura ma grande per la potenza" peregrinante nell'immagine antica dei fondali del mare nostrum. Questo pisciculus rotundus risplendente nell'immagine esemplare ed archetipica del Sè, Cristo come Aion e magnete psichico, risolve per lo scienziato svizzero l'equazione del Sè e dell'inconscio laddove il mare tenebrositas, l'inconscio collettivo produce la perla misteriosa o l'Aion, il Cristo ctonio e prepagano che riposa nel fondo delle acque fino a risorgere nell'ultimo ciclo dell'era come Aion. L'immagine e l'archetipo di Cristo emerso dall'oscurità cor
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