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Questo libro, che si compone del celebre Scrittori negli anni, con l’aggiunta di numerosi saggi fino ad ora dispersi sulle riviste dell’epoca, offre un panorama di mezzo secolo di letteratura, dalla prima guerra mondiale agli anni Sessanta, visto attraverso gli occhi di un poeta e scrittore fra i nostri maggiori. È un panorama che scopriamo camminando con l’autore e ascoltandolo via via che le figure si delineano. Perché – ed è la prima peculiarità di questo libro – Solmi scriveva a caldo, perlopiù al momento stesso dell’uscita dei libri di cui parlava (e si trattava spesso di oscuri esordienti), ma fin dall’inizio rivelando una sorta di magistero della precisione, della misura, della esatta definizione. Ciò fa sì che, a distanza di decenni, i suoi giudizi su libri che nel frattempo sono diventati i nostri classici del Novecento rimangano fra i più equi e illuminati (esemplare fra tutti il caso di Montale, che sarà sempre consigliabile cominciare a leggere attraverso Solmi). Ma al tempo stesso – ed è un’altra preziosa coloritura di questi scritti – è evidente la complicità di Solmi con gli autori di cui tratta e il loro clima letterario, complicità della quale, fra l’altro, egli ci indica una lucida diagnosi psicologica. Solmi infatti si sentiva pur sempre uno di loro – e l’atmosfera chiusa degli anni del fascismo facilitava certe osmosi di sensibilità. Così assistiamo a un gioco del giudizio che oscilla continuamente fra l’esterno e l’interno, con l’effetto di aggiungere una pulsazione personale e segreta alle impeccabili valutazioni critiche. In questo libro è un po’ tutto il nostro Novecento a parlare: fondamentali i saggi sui poeti (soprattutto Montale, Saba, Ungaretti), ma sempre acutissimi anche quelli sui narratori (da Moravia, Pavese, Vittorini, Palazzeschi, Svevo, sino a figure ingiustamente trascurate come Arturo Loria).
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