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Un'edizione fiabesca, con il profumo della pagina che sa di una mela rubata dal giardino dell'eden e il colore del volume che evoca un tronco su cui il peso degli anni non ha potuto far altro che depositare uno strato di cenere color cannella. In poche parole: un capolavoro.
"La vita è sfolgorata come un remoto balenio, / come una ciglia nell'acqua del bicchiere". Poeta oppressato e degli oppressi, Osip Mandel'štam è forse la punta di diamante della generazione dei poeti russi d'inizio Novecento. Questa preziosissima edizione dell'eroica Giometti&Antonello s'avvale della traduzione di Gario Zappi, uno dei massimi conoscitori di Mandel'štam e dotato di una mano poetica sopraffina. In questi versi il sacro sembra scorrazzare tra il gelo delle steppe e la vischiosa miseria urbana, ridere come un ubriaco dentro i palazzi di potere e poi abbandonarsi all'ardore delle cose semplici: un fischio d'uccelli, i portinai che spalano la neve, un cinematografo. E nelle tenebre, d'improvviso anche i pensieri rifluiscono al cuore: "La vita vince se stessa, / un po' alla volta dilegua il suono, / manca sempre qualcosa, / manca il tempo di ricordarmi di qualcosa". L'eretico Osja, il più fedele all'ortodossia metrica, il più ellenico tra i russi della sua generazione, il più legato alla gioia contenuta in ciò che è antico, il più prossimo alla pietra - proprio lui, sfidando chiunque voglia cercare di decifrarlo, di catalogarlo, di inchiavardarlo al significato, eccolo cercare le carezze tiepide delle onde: "E il mare, e Omero: tutto è mosso dall'amore. / A chi prestare ascolto? Ed ecco tace Omero, / e rigonfiandosi ondeggia il mare nero / e s'appressa al capezzale con greve fragore". Con gli anni sembra abbandonare la posa classicheggiante, nonostante continui imperterrito a recitare Petrarca pure negli ultimi giorni, prigioniero in Siberia: "Forse questo è il punto di follia, / forse questa è la tua coscienza: / nodo di vita in cui ci si riconosce / e ci si svincola per l'esistenza". Morirà di stenti nel gulag e verrà sepolto in una fossa comune: uno dei più grandi poeti del suo secolo riposa sotto la neve accanto agli altri sofferenti, gli stessi delle sue poesie: "Dicano pure che l'amore è alato: / la morte lo è cento volte di più".
Libro imperdibile. L'intera opera poetica di Mandelstam in una traduzione attenta. Del resto uscita con un editore di qualità coraggiosissimo che non delude.
Recensioni
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A ottant’anni esatti da allora l’editore maceratese Giometti&Antonello dà alle stampe L’opera in versi (pp. 376, euro 38), vasta scelta dalla produzione poetica di Mandel’štam a cura di Gario Zappi. Nell’ambizione, evidente fin dal titolo, di abbracciare pressoché nella sua interezza il lascito del poeta russo, il traduttore sembra realizzare un sogno che fu dello stesso Mandel’štam, il quale, come testimonia la moglie Nade?da, si pensò a lungo autore di un unico, indivisibile libro – non a caso, la prima silloge Kamen’ (La pietra) dal 1913 al 1923 ebbe tre edizioni costantemente ampliate, mentre la seconda, Tristia, doveva teoricamente intitolarsi Novyj kamen’ (La nuova pietra), in un legame dunque di dichiarata continuità con la precedente. Per questa sua aspirazione all’esaustività, il progetto di Zappi si contrappone alle recenti traduzioni italiane che tendono invece a privilegiare singoli momenti dell’operamandel’štamiana: dalla produzione giovanile, trascelta da Gianfranco Lauretano, che s’è cimentato per l’appunto con La pietra (Il Saggiatore, 2014 e 2018) fino a quella più tarda, come le ottave di Quasi leggera morte, uscito nel 2017 per Adelphi a cura di Serena Vitale, ma anche i cosiddetti Quaderni di Mosca, analizzati con finezza da Pina Napolitano in un volume uscito lo stesso anno per la Firenze University Press.
Valentina Parisi
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