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recensione di Luzzi, G., L'Indice 1998, n. 7
Lucia Sollazzo, autrice ardua e complessa, per sua scelta e per nostra fortuna, approda a questo "Ombra futura" come a un bersaglio di stabilità e di sicurezza. Vi si confermano le qualità: un procedere antinarrativo che stringe verso forme chiuse e saldamente ancorate a un'idea di testo-struttura; una scrittura in versi pensante e non decorativa, antisimbolista per eccellenza; un filo di testimonianza peraltro disposto a prendere in considerazione eventi della vicenda pubblica e civile e in questo senso virtuosamente lontano dalla navigazione compiaciuta entro le risonanze dirette dell'Io; una disposizione al tragico che in questo libro tocca i suoi vertici nella sezione dei "Sonetti dello scheletro", sequenza davvero mirabile in cui le lodi del corpo vengono rovesciate in una funebre euforia e si trovano eccitate da uno spregiudicato narcisismo. Tesio parla nella postfazione anche di un "forte senso di artigianato", il che ci induce a pensare a una forma consapevole e progettuale di resistenza: resistenza alla indifferenzialità verso la quale sembra si stia dirigendo la ricerca in versi oggi, il che è come dire argine contro il rischio di perdita di identità, o di vera e propria perdita di genere. La porzione di secondo Novecento di cui il libro è testimone lascia in eredità un'idea alta e differenziata di poesia: le sue tecniche sono la garanzia dello scenario autoreferenziale del testo, ed è anzitutto questo scenario, come evento significante, a tracciare un diagramma di memoria non labile da parte di quei pochi che abbiano deciso di dire il mondo con queste forme. Il pensiero drammatico, in testi come questi, scava percorsi fortemente identificativi ed emotivamente indocili.
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