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Il grande Segreto di Giuseppe raccontato con delicatissima scrittura e struggente umanità; l’arcangelo Gabriele e la sua schiera di angeli, pronti a dare battaglia al Male; la ferocia strisciante delle inutili e tragiche utopie rivoluzionarie; l’intervento necessario di Raffaele; la porta stretta e indispensabile della libertà; la scrittura che sbiadisce a poco a poco; la solitudine e la responsabilità di Ettore Malvezzi; la necessità di non turbare gli uomini che “dovevano e potevano farcela da soli, anche questa volta come tante altre nella storia”; la morte di Folchini e i fulmini caduti su Santo Spirito a Maiella; i due brevi frammenti dell’ultima parte del testo… Roberto Pazzi è uno scrittore destinato a durare, perché ha ancora molto da dire e perché il suo stile è inconfondibile. Bravo. Lo ringrazio per avermi consentito di esplorare una verità difficile da capire e, nel contempo, inebriante, straordinaria. La sua scrittura ha raggiunto livelli altissimi.
Bisogna dare atto all’autore che per affrontare certe tematiche ci vuol coraggio. Il ritorno di Cristo sulla terra non è cosa da poco. Si può cadere nel già visto, nel già detto. Pazzi è scrittore di razza, non nuovo ad argomenti profondi. Il Padre è stanco dei comportamenti e delle debolezze dell'umanità e vorrebbe porre fine al tempo concesso agli uomini per costruire qualcosa di buono; il Figlio, partecipe del destino dell'uomo e convinto che costui possa essere grande anche (o soprattutto) nelle imperfezioni, vuole concedere ancora tempo agli uomini. Questa è la partita che si gioca nel libro, con l’intervento tentatore del demonio. Il romanzo, a parere di chi scrive, è solo in parte riuscito. Riuscito nelle parti in cui descrive l’umanità del Figlio, l'incontro e il dialogo con i cardinali che rappresentano due anime della Chiesa (quella evangelico-monastica, semplice, e quella teologico-burocratica, che tanto scandalo suscita nei nemici dell'Istituzione), riuscito nei dialoghi tra Padre e Figlio (un po’ troppo simili ai nostri, per la verità, avvicinando impropriamente in questo modo Dio agli dei greci), nell’incontro con la donna che vede in Cristo il suo figlio perduto in guerra. Meno riuscito nell’attribuire pensieri e sentimenti troppo umani al Padre, che nel contempo, contraddittoriamente, è anche troppo distante dalle sue creature. La tentazione operata dal demonio a Canne della Battaglia con una rappresentazione teatrale sembre gratuita nel contesto, un po’ fuori luogo. Anche alcuni tratti dell'incontro di Cristo con suo padre terreno Giuseppe sembrano contenere teorie azzardate. È comunque un romanzo che pone interrogativi, che mette sul tavolo argomenti scottanti (la guerra, un certo modo di governare le nazioni, il futuro incerto del pianeta Terra), che cerca di scrutare la mente di Dio cercando (naturalmente nella finzione) di individuarne le intenzioni, e che si conclude con un cauto ottimismo sul futuro dell'Umanità.
Ma in definitiva, com'è questa questione della vergine Maria e del buon San Giuseppe. Un matrimonio combinato per far tacere le male lingue in vista d'una maternità altrimenti di certo chiaccherata. Uno delle tante rivelazioni che troveremo in questo racconto di Pazzi, il racconto del ritorno in terra del Figlio, moderno Forrest Gump che s'incammina lungo la litoranea Amalfitana seguito da centinaia di fedeli. Destinazione Roma, la città eterna dove perdono il sonno il Presidente del Consiglio e lo stesso Papa. Che fare infatti di fronte al ritorno del Signore? Ma sarà poi proprio lui? Opera curiosa, idea e situazione intrigante. Ma alla fine un pò pretenziosa nella ricerca di motivazioni teologiche perdendo di vista lo spirito di ironia che pure pervade molte pagine. Sofferente incedere verso il finale comunque gradevole.
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