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Il 18 ottobre 1941 fu ufficialmente inaugurato l'Istituto centrale del restauro. A sessantacinque anni dalla fondazione e in coincidenza con il centenario della nascita del suo primo direttore Cesare Brandi (1906-1988), l'Istituto ha voluto celebrare la propria storia con due giornate di studio (nell'ottobre 2006, a Roma), pensate come un dittico: Brandi ieri e oggi, riflessioni a confronto e Brandi e la direzione dell'Icr, 1939-1961.
"Il professore", dunque, prima di tutto, e i suoi allievi (tra questi Licia Vlad Borelli), che dalle lezioni di Brandi hanno raccolto i testi pubblicati nel 1963 come Teoria del restauro, opera giunta ormai all'edizione in dodici lingue, tra cui il cinese e il giapponese. Un successo che riposa sulla assoluta solidità dei fondamenti teorici e sulla loro pratica applicazione in esperienze decennali di restauri compiuti dall'Istituto in Italia e all'estero, che hanno suscitato però obiezioni e contrasti talvolta veementi. Tali critiche, rivolte sia alle formule teoriche sia alla metodologia operativa, sono state accolte nella regia del convegno come stimoli per una riflessione più approfondita. Non si tratta solo della cleaning controversy sorta con i restauratori della National Gallery di Londra nel 1947, ricordata da Maurizio Marabelli in relazione al ruolo delle indagini scientifiche per il restauro e la conservazione, o del problema della reintegrazione delle lacune teorizzato da Umberto Baldini nel Laboratorio di restauro dell'Opificio delle pietre dure a Firenze in seguito all'alluvione del 1966, tema affrontato da Marco Ciatti e Francesca Martusciello.
Oltre alle controversie "storiche" vissute dall'Icr e da Brandi, esistono ancora oggi voci critiche nei confronti della teoria brandiana: Paolo Marconi, Pier Giovanni Guzzo, Giorgio Bonsanti dibattono delle ricadute della Teoria del restauro in campo architettonico, archeologico e pittorico, utilizzando toni anche polemici riferiti alla situazione politica e culturale attuale. Veder messo in discussione il valore dell'autenticità dell'opera, la validità dei principi della Carta del restauro architettonico di Venezia del 1964 o l'assioma relativo alla materia ("Si restaura solo la materia dell'opera d'arte") può suscitare disagio, ma è necessario per "non cadere nel rischio dell'autocelebrazione" (Bon Valsassina) e di un'applicazione acritica dei principi brandiani.
La seconda parte del volume contiene gli interventi della giornata dedicata agli anni di direzione dell'Icr, che nelle mani di Brandi si è espanso in molteplici direzioni: la creazione dei laboratori scientifici, la collaborazione con le soprintendenze e con l'Iccrom, l'attività didattica, le esposizioni, la pubblicazione del "Bollettino dell'Istituto Centrale del Restauro" e la partecipazione al Consiglio superiore delle Antichità e Belle Arti. Le ricerche d'archivio offrono un sostegno documentario alla storia dell'Icr, nel momento in cui esso consegna al passato la propria originaria denominazione, trasformata ora in Istituto superiore per la conservazione e il restauro. Ancora e sempre in ossequio agli insegnamenti del suo primo direttore.
Silvia Silvestri
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