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Anno edizione: 2018
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Un libro sorprendente, di rara poesia e delicatezza.
Sutor ne ultra crepidam. A mio giudizio, Luigi Lo Cascio è uno dei più bravi attori italiani viventi (con una particolare nota di merito per avere portato sulle scene "Diceria dell'untore" di Gesualdo Bufalino - ingiustamente misconosciuto -). Ritengo però che, a cinquant'anni suonati, sia difficile improvvisarsi scrittore, tanto più se si ha la velleità di scrivere un romanzo di "scrittura alta" (come ha osservato l'Utente che mi ha preceduto). Le pretese sperimentali nella struttura del testo e le riflessioni esistenziali nella intermittente trama mi hanno lasciato l'impressione del mero artificio. Arrivato a pag. 50 mi sono arreso.
“Ogni ricordo un fiore”, opera prima di Luigi Lo Cascio (Feltrinelli), non è un libro semplice, né da leggere, né da recensire. Una scrittura “alta”, come si suole dire, quella dell’attore e regista palermitano, che mi ha impegnata e appassionata come non mi succedeva da tempo. È un gioco linguistico, qualcuno lo chiamerebbe virtuosismo, quello che Luigi Lo Cascio consegna al lettore nel suo “Ogni ricordo un fiore“. Un viaggio in treno, da Palermo a Roma, che in realtà è un mettersi a nudo del protagonista (e anche dell’autore) attraverso oltre duecento incipit di romanzi. Alcuni di questi incipit sono lapidari, un paio di righe soltanto, ma contengono già il seme di una storia che si vorrebbe leggere: “Un anno dopo tornò in sé senza trovarsi”. Altri sono più lunghi, alcuni senza punteggiatura, in prima persona, in terza, tristi, macabri, ironici. Insomma, si trova davvero di tutto, e nelle sue forme più svariate. Alcuni li ho trovati di una bellezza struggente e ho fatto fatica a voltare pagina, sapendo che ci sarebbe stato un nuovo inizio e non una continuazione. Ma cosa si cela davvero dietro questi incipit? A prima vista sembra esserci un continuo senso di incompiutezza, il fallimento del nostro protagonista che non è riuscito a scrivere nulla che vada oltre l’inizio di una storia. Eppure, a ben guardare, in quelle poche righe o pagine, ci sono riflessioni profonde e di grande impatto. A mio avviso rimangono centrali alcuni temi: il dualismo vita/morte, in che modo conduciamo la nostra esistenza, il rapporto padre/figlio. Dato che “Ogni ricordo un fiore” non segue una struttura narrativa classica non è di facile lettura. In più, la scrittura particolarmente ricercata – qualcuno l’ha definita barocca – di Luigi Lo Cascio, impone al lettore una concentrazione molto alta e i sensi in continua allerta. Non voglio scoraggiare nessuno, anche perché ritengo che il libro sia molto bello, ma se avrete voglia di fare questo viaggio è bene essere consapevoli di quello che
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