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Du entfernst dich von mir, du Stunde. Wunden schlägt mir dein Flügelschlag. Allein: was soll ich mit meinem Munde? mit meiner Nacht? mit meinem Tag? Ora che batti, da me t'allontani. Apri in me piaghe con la tua ala. Ma che farò io di questa mia bocca? O del mio giorno? della mia notte?
Ciò che accomuna le Nuove poesie è la poetica dell’oggetto; vale a dire una poetica orientata verso la rivelazione delle cose (oggetti inanimati, animali o esseri umani) sottratte alla invadenza ed effusività dell’io, brulicanti di individualità, che si aprono a ventaglio nel mondo esterno, tenute insieme soltanto da un principio formale e prospettico, non da un tema e da una tendenza. Naturalmente anche Parigi come scenario sociale vissuto e letterariamente consacrato concorre al senso di compattezza che emana da queste pagine. Un’aria familiare e insieme tormentosa è quella che Rilke respira nelle Nuove Poesie . Sicché egli guarda alla metropoli con la massima tensione verso l’obiettività, ma anche con quella attenzione sospesa tra fascino e orrore che ritorna a ogni passo anche nei Quaderni di Malte Laurids Brigge . Manca Malte come centro prospettico (e sia pure specchio deformante e vacillante) a tenere i fili in quel labirinto. Mentre c’è il paesaggio che egli vede e impara a vedere. E la sua esperienza. Poiché, lo dice Malte, “i versi non sono, come crede la gente, sentimenti, … sono esperienze. Per un solo verso si devono vedere molte città, uomini e cose, si devono conoscere gli animali… si devono avere ricordi di molte notti d’amore… E anche avere ricordi non basta. Si deve poterli dimenticare, quando sono molti, e si deve avere la grande pazienza di aspettare che ritornino”. Dall’introduzione di Giacomo Cacciapaglia
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