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Massimo Gezzi (1976), marchigiano residente oggi in Ticino, pubblica da Donzelli questo volume di poesie fortemente connotate da una severa esigenza etica, e dalla volontà di aderire al reale, anche quando esso si proponga a noi nelle sue imperfezioni, nelle sue distratte ambivalenze. C'è un continuo interrogarsi, in questi versi, su cosa si debba intendere per esistenza, anzi per coesistenza con se stessi e con gli altri, nella vita familiare e sociale, nella contingenza quotidiana: "Mentre sei qui che respiri e guardi i boschi...". E da questo assillante rimettersi in discussione, Gezzi fa derivare propositi e indicazioni di comportamento, suggerimenti morali, in una tensione didascalica che esprime un richiamo potente alla solidarietà e alla comprensione umana. "Difendi questa luce, se sei un nulla/ come tutti. Difendi questo nulla/ che non smette di essere. Smetti di tirare/ righe scure, di cancellare.//... non sottrarre allo zero, aggiungi uno". L'osservazione del mondo è attenta e partecipe: ambienti-oggetti-corpi (con una particolare sensibilità verso le figure sofferenti, malate, vecchie) vengono descritti utilizzando una diligenza documentaristica, e un intenso gusto visivo per i colori, gli interni delle case, la natura. Da poeta, sembra cercare una voce più sicura e personale, essendo forse consapevole della sua originalità più contenutistica che formale, e riconoscendo nella propria scrittura un debito evidente verso la tradizione italiana (si avvertono echi di Luzi, e della musicalità minimalista di Pusterla) e francese (Jaccottet e Bonnefoy). In tutte le poesie, Gezzi sottolinea coerentemente la scelta di mettere una sordina espressiva a toni e modi, optando per una delicatezza del sentire che non risulti mai coercitiva, ma sappia suggerire "il bene delle cose che esistono"... "sperando che il bene sia più ubiquo del male".
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