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L'autore ci racconta il tormento spirituale di Giovanni della Croce, che il 2 dicembre 1577, venne incarcerato nella prigione del convento dei Carmelitani Calzati di Toledo, sede del tribunale ecclesiastico, per sospetta eresia, in quanto sosteneva la Riforma dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi proposta con determinazione da Teresa d'Avila, sua amica, che, con tenacia rifiutava la Riforma mitigata. Nel carcere di Toledo, nella cella, simile a un pozzo buio e profondo, l'anima di Giovanni della Croce, "con umile nostalgia", cercava Dio, si domandava dove si fosse nascosto, perché non mostrasse il suo volto, cosa mai dovesse fare per trovarlo, perché grande era il suo dolore per questa lontananza da Dio; forse non doveva fare altro che divenire un recipiente vuoto e pulito, affinché, un giorno, l'acqua del "Dio vivente" sarebbe zampillata e avrebbe riempito il recipiente.
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