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Anno edizione: 1996
Anno edizione: 2015
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Per lunghi anni, mentre «le autorità politico-religiose» erano «riunite in conclave estetico, per decidere se la letteratura» fosse «fatua o semplicemente criminosa», Giorgio Manganelli esplorò instancabilmente quella che qui viene definita «sostanza notte» – da non confondere con la «notte accidentale» che tutti conosciamo, «cosa senza paragone diversa». Una notte integra e compatta, che ha «forma di parallelepipedo» e non si lascia «ledere»; una sostanza che, sebbene molti vi riconoscano un «muro di tenebre» e una «piaga senza storia» da abolire senza esitazione, pur sempre riesce ad attirare dentro di sé taluni che le si rivolgono nella speranza di poterla modificare. Costoro a volte finiscono addirittura per invaghirsene e infettarsene, fino a diventare «dei notturni periferici, inetti a vivere all’interno di quella notte compatta, e repugnanti a perdurare nel nostro mondo della notte accidentale». A questi esseri, fra i quali vanno annoverati molti dei suoi lettori, Manganelli consegnava cronache e notizie della terra cimmeria in cui ormai costantemente soggiornava, perseguendo un’equa distribuzione di forme: dai travolgenti corsivi destinati alla prima pagina dei quotidiani ad ardue costruzioni in forma di libro, sempre tese al punto dove «quello che viene scritto è il nulla». In una zona appartata, e solo in rari casi mostrandosi al pubblico, si accumularono anche dei racconti, di cui qui presentiamo un’inedita e folta silloge corrispondente a un progetto tracciato dall’autore.
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Dal racconto "Addenda alle note sulla notte sostanziale": " ...taluno ha definito questa notte, la cecità di Dio, aggiungendo che solo come cecità ci è consentito sperimentare Dio, e che anzi lo stesso creatore brancica nel vuoto universo con le sue innumere mani, in cerca di noi, che egli rammenta di aver creato, e forse questa cecità di Dio è cosa non indegna di culto, anche se sappiamo che nessun culto ad essa rivolto ha senso, ma poichè a gesti di culto siamo tenuti, possiamo consegnarli a questo monstruo, specchio, negatività, errore, enigma ignaro e consapevole, infine luogo della cecità di Dio". Da "La valle inesatta". " ...non posso dire se fra tante illudenti dimore, una ve ne sia che illusoria non sia, e che non si scosti ne' patisca metamorfosi...(...) ...e la dimora non sarà luogo di sosta, ma solo immaginario luogo d'esito della valle, concepita questa, come chiusa stanza delle allucinazioni". Raccolta antologica di racconti inediti di squisita fattura, uno dei migliori libri postumi di Manganelli. Astrazioni pure e follie antinarrative, una discesa dentro una notte "diversa", notte metafisica e letteraria...
Con il Professore non si sbaglia mai, neanche con gli inediti (cosa molto rara). Raccolta di racconti magnifici, che anticipano per tematiche e atmosfere, capolavori come "Agli dèi ulteriori", "Dall'inferno" e "La palude definitiva", la solita mostruosa complessità strutturale e concettuale, pure astrazioni ed invenzioni fantastiche di rara potenza simbolica e immaginifica. Un blocco di fogli dattiloscritti trovati dentro una vecchia scarpiera di Manganelli, un libro potenziale rimasto per anni nel limbo della grande letteratura, tirato fuori dall'oblio dalle edizioni Adelphi, testo fortemente voluto da Roberto Calasso. Sono storie, o meglio, astrazioni di racconti che richiedono una notevole attenzione mentale, uno stile eruditissimo che si rifà alla grande tradizione della letteratura italica (Dante, Petrarca, Tasso, Foscolo, etc...), per il lettore medio non di facile approccio, storie di limpidissima e torbida inquietudine, l'immaginazione che si fa oscura, ermetica, relegata negli anfratti infernali. Invito i lettori più esigenti a leggersi il primo racconto, dall'estratto, quì su ibs, e capirete per chi non conosce Manganelli, di cosa sto parlando, ovvero di una rara, complicata e allucinante esperienza letteraria.
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