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Il libro di questa poetessa punta molto in alto, fin dal pomposo sottotitolo. Affronta eventi storici di suprema gravità, dal nazismo a Ground Zero, ed è cosparso di citazioni colte (Benjamin, la Arendt, Severino, e altri ancora). Ma proprio per questo, come spesso accade in questi casi, finisce con il mancare il bersaglio. I versi non sono minimamente all'altezza delle "lacrimae rerum" delle tragedie evocate. A peggiorare il quadro, non si capisce il senso del CD allegato, che contiene pezzi goliardici scadenti come "Birra e brioches": cosa c'entrano queste canzoncine con "la natura del potere e della storia"?
"Mi piace pensare a questo testo come a un'opera di poesia della storia",scrive Giovanna Frene a commento di questo suo denso,severo,impegnato contributo poetico. Poesia della storia e non sulla storia,quasi a mettere tra parentesi il suo ruolo di voce sola e celebrante, in favore di una testimonianza più collettiva di sdegno e denuncia. Un libro particolare,il suo, di un'originalità esibita e orgogliosa, non solo formale e contenutistica. Nella proposta editoriale, in primo luogo, della coraggiosa casa editrice Transeuropa,che affianca ai testi proposti nella collana "Inaudita" anche un allegato multimediale. Nella veste grafica, che intervalla i versi con fotografie newyorkesi di Laura Callegaro, e accompagna ogni poesia con la traduzione in inglese. Nella prefazione di Paolo Zublena e nella postfazione di Silvia De March, entrambe dottissime ed esploranti tutti i collegamenti filosofici, psicologici e letterari interni al testo. Soprattutto poi nei rimandi culturali sottesi, stratificati in ogni pagina della plaquette, che richiamano i nomi basilari del pensiero novecentesco (Braudel, Deleuze, Arendt, Benjamin, fino al nostro Severino) e che rendono ogni parola poetica radicata nel terreno scabro, risentito e recettivo della coscienza civile e ideologica del secolo appena trascorso. Una poesia, questa di Giovanna Frene, assertiva, dura, compatta: concentrata sul tema del male, come si prospetta non solo metafisicamente, ma nel suo concreto operare storico. Il male come "skàndalon" intollerabile,e pure troppo spesso accettato pavidamente, non contrastato nell'operare quotidiano dei popoli e dei singoli. Un male che nei millenni si è fatto guerra, strage, terrorismo, pulizia etnica: quasi sempre senza capacità di redenzione e riscatto, senza prospettive di speranza e riparazione ("ma è mai esistito un tempo buono, inenarrabilmente/buono,aperto a conchiglia verso ogni futuribile possibilità che esista anche/ solo un frammento diverso/attorno a cui germinare?")
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