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Francesca Magni raccoglie i frammenti di un'esperienza comune a tanti di noi – veder "tornare bambini" coloro che ci hanno messi al mondo, accettare di non avere le forze per assisterli – e costruisce un racconto fatto di tentativi, smarrimenti, affioramenti improvvisi di una memoria che non si arrende al silenzio ma cerca ostinatamente la salvezza della condivisione.
I baci che ti poso sulla tempia, sulla pelle liscia della guancia sopra la barba, sui capelli da pulcino bianco, sono tutte le parole che non ci siamo mai detti, finalmente una lingua che sappiamo parlare. Tu li prendi, appoggi la testa alla mia, mi allunghi una mano incerta, ormai ripiegata per sempre nella posa con cui ci facevi ridere mimando il becco dell'oca, e sento che sei lì, regredito a un'età che non sappiamo chiamare. L'età di chi è tornato all'inizio senza passare dalla fine.
Questa storia comincia con una corsa – una telefonata nel cuore della notte, una donna che guida nel buio – e poi si trasforma in un viaggio destinato invece a svolgersi tutto tra le pareti di casa e dentro l'animo di chi narra. Nei mesi in cui la pandemia ha costretto tutti noi a fermarci e specchiarci nei vetri delle nostre finestre, questa figlia adulta e a sua volta madre deve prendere la prima di molte difficili decisioni: portare a casa con sé il padre, un tempo medico autorevole e uomo creativo e bizzarro, ora malato, dal corpo ancora integro ma con la mente che sta inesorabilmente svanendo. Dover chiedere aiuto, per l'accudimento quotidiano, ad altre donne venute da lontano. Deporre ogni rivendicazione filiale, rinunciare alle parole e riconoscere che tutto ciò che unisce figli e genitori – all'inizio come alla fine della vita – sono semplici gesti di cura. Compilare il modulo di richiesta per una RSA... Francesca Magni raccoglie i frammenti di un'esperienza comune a tanti di noi – veder "tornare bambini" coloro che ci hanno messi al mondo, accettare di non avere le forze per assisterli – e costruisce un racconto fatto di tentativi, smarrimenti, affioramenti improvvisi di una memoria che non si arrende al silenzio ma cerca ostinatamente la salvezza della condivisione. Di fronte a un padre presente ma ormai lontanissimo, queste pagine cantano l'inconoscibilità radicale e insieme la profonda intimità che ci unisce ai nostri genitori, perché "non possiamo essere niente, se prima non abbiamo certezza d'essere figli".
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